Il Consiglio di Stato boccia le nozze gay: «Non sono un diritto»

27 Ott 2015 9:59 - di Redazione

Il Consiglio di Stato boccia le coppie gay e (non tanto indirettamente) il sindaco Ignazio Marino che le aveva certificate con tanto di cerimonia in Campidoglio. La sentenza arriva in conclusione della battaglia legale tra sindaco di Roma e il ministero del’Interno che aveva annullato la trascrizione del Comune di Roma. Alcune coppie omosessuali erano state sposate dal sindaco di Roma il 20 ottobre dello scorso anno, trascrivendo le nozze avvenute all’estero. «L’intrascrivibilità delle unioni omosessuali – si legge nella sentenza – dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano». Una bocciatura in piena regola, che la sentenza recita in maniera elementare: «Risulta agevole individuare la diversità di sesso dei nubendi quale la prima condizione di validità e di efficacia del matrimonio, secondo le regole codificate negli artt.107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c. ed in coerenza con la concezione del matrimonio afferente alla millenaria tradizione giuridica e culturale dell’istituto, oltre che all’ordine naturale costantemente inteso e tradotto nel diritto positivo come legittimante la sola unione coniugale tra un uomo e una donna».

Nozze gay: il testo della sentenza integrale 

Il Consiglio di Stato spiega anche che le nozze gay non sono un diritto: «Non appare, in definitiva, configurabile – prosegue la sentenza – allo stato del diritto convenzionale europeo e sovranazionale, nonché della sua esegesi ad opera delle Corti istituzionalmente incaricate della loro interpretazione, un diritto fondamentale della persona al matrimonio omosessuale, sicchè il divieto dell’ordinamento nazionale di equiparazione di quest’ultimo a quello eterosessuale non può giudicarsi confliggente con i vincoli contratti dall’Italia a livello europeo o internazionale». I giudici rimandano quindi la questione al Parlamento: «Si aggiunga, quale argomento conclusivo, che, aderendo alla tesi prospettata dagli originari ricorrenti, si finirebbe per ammettere, di fatto, surrettiziamente ed elusivamente il matrimonio omosessuale anche in Italia, tale essendo l’effetto dell’affermazione della trascrivibilità di quello celebrato all’estero tra cittadini italiani, nonostante l’assenza di una previsione legislativa che lo consenta e lo regoli (e, anzi, in un contesto normativo che lo esclude chiaramente, ancorchè tacitamente) e, quindi, della relativa scelta (libera e politica) del Parlamento nazionale (che, si ripete, resta l’unica autorità titolare della relativa decisione, come chiarito anche dalla Corte di Strasburgo)». Il sindaco Marino e gli amministratori che avevano celebrato le nozze gay sono serviti. Bisogna prima passare dal Parlamento, senza colpi di mano.

 

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