Argentina, ennesima elezione nel segno del peronismo. Favorito Scioli
In Argentina si torna al voto: domenica prossima 25 ottobre nel Paese sudamericano si deciderà il nuovo presidente della repubblica. Cristina Fernández de Kirchner, vedova del precedente capo di Stato Nestor, è il momento di lasciare la Casa Rosada (sede del governo), dopo i due mandati. Anche in Argentina infatti non si può essere rieletti per più di due mandati consecutivi. In campo ci sono sei candidati alla massima carica dello Stato, ma in realtà solo tre potrebbero conseguire la vittoria. Sono Daniel Scioli, di origine molisana, attuale governatore della provincia di Buenos Aires e candidato oficialista, che ha come obiettivo quello di assicurare la continuità con il peronismo rappresentato dal Frente para la Victoria e con la presidente Kirchner; Sergio Massa, un peronista fuoriuscito un paio d’anni fa dal partito e che ha fondato il Frente Renovador; il terzo è Mauricio Macri, imprenditore (era presidente tra l’altro del Boca Juniors) e attuale sindaco di Baires, un po’ un outsider di questa tornata, appoggiato dalla coalizione di centro-destra Cambiemos. I sondaggi hanno dato sempre Scioli vincitore, attribuendogli un vantaggio di circa dieci punti percentuali rispetto a Macri (con oscillazioni rispettivamente intorno al 40% e al 30%). Più indietro Massa, fermo al 20-22%. È chiaro che nella remota eventualità di un ballottaggio i suoi voti potrebbero risultare determinanti. Se nessun concorrente dovesse conseguire più del 45% al primo turno, o più del 40% con almeno dieci punti di vantaggio sul secondo classificato, si andrà allo “spareggio”, fissato per il 22 di novembre. L’insediamento del nuovo presidente, in carica per quattro anni, sarà invece il 10 dicembre.
Quasi tutti i candidati appartengono all’area del peronismo
A scanso di equivoci e per far capire a tutti di puntare al dialogo, Daniel Scioli ripete di continuo tre priorità (pane, lavoro, casa) indicate più volte dal Papa: concetti peraltro da sempre al centro del peronismo, per l’ennesima volta protagonista di una contesa elettorale in Argentina. Per i detrattori il movimento fondato da Juan Domingo Peron nel lontanissimo 1947 è populista, clientelare, autoritario e nella versione di questi ultimi anni (e non solo) anche molto corrotto. Per chi lo sostiene rappresenta invece una sorta di Welfare state all’argentina, centrato appunto sui tanti fronti del giustizialismo sociale. In un modo o in un altro, anche tramite i suoi mille vasi comunicanti, il peronismo rimane al centro della politica e per l’ennesima volta ha confermato di adattarsi ai tempi e di saper gestire, con le buone o le cattive, i meccanismi del potere su tutto il territorio del Paese sudamericano. A confermare la vitalità peronista è stata proprio la campagna elettorale di questi giorni. Scioli si è barcamenato con equilibrio tra il peronismo K – ossia quello duro e puro della presidente Kirchner e prima di lei del marito Nestor – e posizioni a lui più consone: mai uno strappo, puntare su dialogo e ponti. Sergio Massa invece guida il cosiddetto peronismo dissidente, definizione che indica la sua avversione a Cristina, che peraltro conosce bene visto che è stato suo capo di gabinetto per undici mesi. Poi è arrivato il distacco, molto netto: Massa ha creato un peronismo oppositore, in piena dissidenza appunto con la presidenza. Mauricio Macri è invece il candidato del centrodestra anti-peronista e da sempre emblema dei quartieri in di Buenos Aires, e che è stato al centro dell’ultima sorpresa della campagna elettorale: inaugurando, qualche giorno fa, una statua di Peron. Lo ha fatto da sindaco della città, ma il gesto, e le sue dichiarazioni, hanno lasciato di stucco molti argentini. Una scelta che si spiega con il disperato tentativo di sedurre elettori in vista del primo turno di domenica, nella speranza di raggiungere il ballottaggio: in altre parole, una tipica corsa all’elettorato di centro da parte di un candidato alle strette. Corsa che in Argentina porta appunto all’immenso bacino dei voti targati peronismo. Poi ci sono Margarita Stolbizer, candidata dei Progresistas ed ex deputata dell’Unión Cívica Radical, avversario del peronismo che però è di fatto scomparso dall’agone politico argentino, che in pratica è una candidatura di bandiera. C’è poi Adolfo Rodríguez Saa, noto esponente di Compromiso Federal e anch’egli all’interno del cosiddetto peronismo dissidente. Infine, c’è Nicolás Del Caño che guida il Frente de Izquierda: marxista, la sua ricetta in politica economica propone la totale nazionalizzazione delle risorse energetiche del Paese. È accreditato di poche chanches.