Ti chiamano onorevole? Allora scatta la multa. Lo chiede una proposta M5S
Via l’appellativo di “onorevole” per gli eletti del Palazzo. Lo chiedono i Cinquestelle in una proposta di legge che riprende analoghe ipotesi avanzate nel 2002 da un gruppo trasversale di deputati, da An a Rifondazione. Tredici anni fa quella proposta fu accantonata. Oggi, nel caso della legge del M5S, c’è da registrare una novità: l’uso dell’ “odiato” termine dovrà essere punito con una multa fino a 6mila euro. Invece che onorevoli, deputati e senatori dovranno chiamarsi “cittadini portavoce”. E lo stessa dicasi per consiglieri provinciali e regionali. Scopo della legge? “Ristabilire un rapporto paritario tra eletti ed elettori” e favorire il cambiamento della politica attraverso le parole. Tuttavia ciò che non si comprende bene è la necessità di imporre tali cambiamenti per legge come se non fosse noto a tutti che il linguaggio si trasforma e si evolve partendo al basso, e attraverso processi lunghi che nulla hanno a che fare con i meccanismi legislativi. La legge afferma poi che il titolo di “onorevole” dev’essere meritato dal soggetto cui viene rivolto e che va usato solo se il parlamentare ha dato buona prova nella sua attività. In questo modo però si toglie ogni responsabilità ai partiti e ai movimenti che hanno il compito di selezionare la classe dirigente e di proporre le candidature al corpo elettorale. Spetterebbe a loro, in verità, decidere prima e non dopo se la personalità per cui si chiedono voti è all’altezza del compito. Le alternative proibizioniste sono solo infruttuose baruffe lessicali.