«Da Prima l’Italia una spinta per riunire l’universo della destra»

16 Set 2015 17:57 - di Redattore 89
prima l'italia

«Galli della Loggia dice una cosa vera: a destra c’è una lacuna nella declinazione del conservatorismo, i nostri valori non riescono a trovare slancio in politica, ma non si tratta di un dato immutabile». Marco Cerreto, neoeletto portavoce del movimento “Prima l’Italia”, interviene sulla riflessione sulla «destra che l’Italia non ha» dell’editorialista del Corriere della Sera. E, mentre le anime della destra politica si preparano all’assemblea della Fondazione An, Cerreto si dice convinto che una strada per colmare questa lacuna esiste: «Se avremo il coraggio di svestirci dal mantra del pensiero unico che ci è stato appiccicato addosso e sapremo declinare le nostre idee fino in fondo, allora potremo dare voce a quella destra diffusa e sommersa che oggi si trova orfana di un punto di riferimento politico. È una riflessione che abbiamo avviato da tempo e di cui Prima l’Italia può rivendicare il merito della primogenitura».

“Potremo” chi? Su chi debba o possa intestarsi la rappresentanza del popolo della destra c’è un dibattito piuttosto animato…

È vero, ed è vero anche che nella pausa estiva questo dibattito è stato caratterizzato da un clima non sempre sereno. Del resto, purtroppo, storicamente la destra non è esente da una certa radice di litigiosità. D’altra parte, però, non si capisce per quale motivo si dovrebbe continuare a fare polemica, sia alla luce di come sono andate le cose a Mirabello sia alla luce del fatto che la Fondazione An, in modo trasparente, si avvia a una fase assembleare.

Resta la domanda: “potremo chi”?

Chi si ritrova nei valori di una destra nazionale, che sappia mettere al centro una politica nazionale non statalista e non nazionalista, ma che sappia porre davanti a tutto gli interessi del Paese. Una destra che, fatta la dovuta autocritica, sappia rimettere in cammino la speranza su quelle quattro-cinque parole d’ordine che sono nostre e di nessun altro: sovranità, Stato nazione, competitività, valori non negoziabili. Questa destra – il compito di colmare quella lacuna denunciata da Galli della Loggia – non può essere rappresentata né da Forza Italia, che ha derive liberal-liberiste e centriste, né dalla Lega, che non ha nelle sue categorie politiche il concetto di Stato nazione e di identità nazionale. La sfida che abbiamo di fronte oggi è riuscire a dare una vera rappresentanza a questa destra e l’unico modo è ritrovarci in un luogo in cui tutti possano sentirsi a casa.

La Fondazione An. Non tutti, però, sono d’accordo su questa opzione…

Lo sforzo deve essere quello di mettere da parte le polemiche e, dove ci fossero, le diffidenze. All’interno della Fondazione si sta svolgendo un dibattito trasparente, coerente. Come Prima l’Italia rivendichiamo il merito di averlo stimolato, di aver smosso le acque quando, ormai a giugno dello scorso anno, con la manifestazione “Un nuovo inizio”, abbiamo dato vita a questa bellissima esperienza di pensatoio che è il “Forum destra”, cui partecipano una trentina di associazioni e decine di amministratori. Da lì abbiamo iniziato a chiederci se fosse giusto che la Fondazione continuasse a essere il luogo in cui la destra si musealizza o se, piuttosto, non dovesse tornare a un ruolo politico attivo. Del resto, la Fondazione An fu creata proprio nell’eventualità il Pdl fosse fallito. Alla luce di come sono andate le cose, è giusto che ci si interroghi su cosa fare. Ora c’è anche la mozione dei quarantenni, che invita gli iscritti a esprimersi sull’ipotesi di tornare a un impegno politico, ovviamente nelle forme giuridicamente consentite, e questo renderà ancora più presente il dibattito sui temi della destra.

Crede che questo dibattito venga percepito correttamente dagli elettori? Insomma, qualche volta è stata fatta passare l’idea che si trattasse di “beghe tra ex colonnelli” o di un tentativo di “spartirsi un tesoretto”…

Quelli sono argomenti buoni per qualche giornale ostile all’idea che sulla scena politica torni una destra autentica. Chi, come me, sta sul territorio sa che esiste una grande aspettativa. Io posso dire, senza timore di essere smentito, che la domanda che mi viene rivolta è sempre la stessa: riusciamo a fare un grande partito di destra? I nostri iscritti, i nostri ex elettori, non sono tornati a casa. Fratelli d’Italia, che ha l’enorme merito di aver evitato che la destra sparisse dal parlamento, non è riuscita a intercettarli. Raccoglie il 4% dei consensi, An aveva il 16%. Se si considerano anche quelli che a votare non ci vanno più, a destra mancano all’appello 4 milioni di voti. Questi elettori ci guardano e vogliono capire se la destra italiana oggi è in grado di fare quello che invoca Galli della Loggia, di esprimere attraverso la modernità gli effetti di una dinamica sovranista, di dare vita a quella rivoluzione conservatrice che in fondo è mancata anche al ruolo storico di An, ma che ora invece – se sapremo guardare avanti con coraggio e dopo aver fatto autocritica – abbiamo la possibilità di realizzare davvero.

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