Il grande fratello della burocrazia ha piegato l’Italia più della crisi
Nel 2008, proprio per regolarizzare il lavoro stagionale legato alla vendemmia, hanno ad esempio inventato i voucher. Per chi non lo sapesse, sono ticket da dieci euro che si comprano negli uffici postali e perfino dai tabaccai. Il lavoratore occasione trattiene per sé un netto di 7,5 euro: il resto finisce all’Inps e all’Inail. I voucher sono molto utilizzati, oltre che nei vigneti, per i piccoli lavoretti di casa. Giardinieri, baby sitter, e cosi via. Insomma la legge da la possibilità, a chi non può assumere, di chiedere prestazioni occasionali mettendosi in regola in modo molto semplice. E quindi ben vengano le multe per chi sgarra. Ma, tutto questo precisato, vien da chiedersi se i controllori abbiano sempre ben presente, oltre che la legge dello Stato, anche quella del buon senso. «Sulla vicenda di Cuneo non mi risulta che sia stata già inflitta una multa», mi assicura da Roma Paolo Pennesi, segretario generale del Ministero del Lavoro. Gli obietto – scrive Michele Brambilla su “La Stampa” – che lo sventurato vignaiolo ci ha mostrato il verbale: «È stato solo invitato in ufficio, per mercoledì, a chiarire», dice ancora Pennesi. E si spera che l’incontro serva a smussare qualche spigolosità.
Un pensionato multato per lavoro nero: aveva invitato gli amici a raccogliere l’uva
Ma la vicenda del signor Battaglino – cosi si chiama il pensionato multato per gli amici in vigna – non è come detto un caso isolato. Ci sono casi di artigiani e commercianti multati per aver tenuto in laboratorio, o in negozio, i propri figli minorenni: erano lì per aiutare, ma soprattutto per imparare un mestiere che da tempo immemorabile veniva tramandato di generazione in generazione.
«Forse ci sono eccessi di zelo», ammette Pennesi, «ma la normativa sui minori è feroce. Anche per i figli».
Gli artigiani possono assumere i figli con contratti di apprendistato vantaggiosissimi: ma solo dai 16 anni in su. In bottega niente minori, ma anche niente genitori anziani. «Mio padre, che ha fondato questa azienda, non può entrare a dare consigli a chi lavora, e tantomeno ai miei figli adolescenti», mi racconta Teresa Coradazzi, che fa prosciutti a San Daniele del Friuli: «Ma se un bambino non può farsi insegnare da un nonno come si “sugna” un prosciutto, come lo si sala, come lo si annusa, si spegne sul nascere una passione. L’Italia nel dopoguerra si è rialzata perché la famiglia è diventata impresa. Le mogli e i figli erano indispensabili, l’unico ad avere uno stipendio era il capofamiglia. Altri tempi? Sì, ma così si sono create tante eccellenze italiane. Una volta l’impresa familiare era un vanto nazionale, oggi il lavoro in famiglia è perseguito per legge». Lavoro vero che diventa lavoro nero. Qualche mese fa, a Napoli, un uomo di 43 anni si è ucciso perché multato di duemila euro per la presenza della moglie nella sua pizzeria. Non era in regola. Erano in regola coloro che lo hanno multato: con la legge. Ma forse non con la virtù della prudenza. E forse neanche con la coscienza.