«Così si può impedire alle coop che finanziano politici di prendere appalti»
«Sulle coop Gabrielli tocca un punto giusto. In Regione, con l’approvazione della nostra legge tagliamani, non potranno partecipare alla distribuzione di fondi pubblici quelle che finanziano partiti ed esponenti politici. Basta una norma che riguardi anche le gare d’appalto. Se non ci sono più commistioni di denaro fra coop e politica ci sono meno problemi».
Francesco Storace, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, una ricetta ce l’ha per impedire alle coop di razziare appalti e lavori pubblici com’è accaduto per Mafia Capitale.
L’idea del prefetto Gabrielli di rivedere il meccanismo che riserva il 5 per cento degli appalti alle coop a prescindere trova parecchi estimatori. E c’è già chi, come Storace, suggerisce anche il modo per impedire alle coop, in particolare quelle che poi finanziano politici, di partecipare agli appalti pubblici.
Gli appalti per le opere della Capitale, dice in sostanza il prefetto, non sono solo da mettere al sicuro da infiltrazioni mafiose ma anche da tutelare da quelle procedure che non rispettano la legge a danno di lavoratori e cittadini. Un’esigenza divenuta irrinunciabile dopo Mafia Capitale e con il Giubileo che oramai preme alle porte scatenando gli appetiti dei colossi della cooperazione pronti a gettassi a capofitto sulla torta.
Gabrielli ha ricordato come nacque, ufficialmente, questo meccanismo che riservava il 5 per cento dei lavori alle coop. Si voleva, ufficialmente, «favorire il mondo economico che ruota attorno alla solidarietà». Ma, probabilmente, fu il frutto di una spartizione politica fra coop bianche e coop rosse e i loro referenti politici. Fatto sta che, ora, questo meccanismo ha mostrato tutti i suoi limiti, soprattutto quando è venuto giù il castello di Mafia Capitale. Gabrielli spiega che, ma per come è stato usato, «è criminogeno e va rivisto».
In realtà tutti sapevano come funzionava. E non da oggi. Sarebbe appunto sufficiente, intanto, vietare alle coop che finanziano politici e partiti, di partecipare agli appalti.
Anche l’Anac per voce del suo presidente Cantone, guarda con attenzione al mondo delle coop e ammette che quella modalità di appalto ha generato irregolarità per 4 anni a Roma «con gare senza controllo». Di più: all’interno della sua relazione sulle amministrazioni capitoline tra il 2011 e il 2014, Cantone spiega che «ci sono appalti che possono essere dati per legge anche senza gara, ma noi abbiamo verificato che molti sono stati assegnati senza gara anche se non c’erano quei presupposti» e questo sistema «è praticamente in gran parte quello» sul quale si è radicata Mafia Capitale.