Capitano Ultimo: «Ecco chi mi ha insegnato a combattere la mafia»

4 Set 2015 14:50 - di Redazione

“Punito” dai vertici dell’Arma, troppo scomodo per le sue crociate contro i potenti di tutti i colori, capitano Ultimo obbedisce agli ordini dei superiori ma non si fa azzittire. «L’amore di servire e non di esercitare il potere. Di fare le cose senza chiedere niente in cambio. Questo ci ha insegnato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Valori che devono ispirare la nostra vita di Carabinieri e di uomini». A parlare è Sergio De Caprio, il colonnello dei carabinieri al quale si deve l’arresto eccellente del boss Totò Riina. Oltre al giudice Falcone, tra i suoi maestri capitano Ultimo mette il generale ucciso 33 anni fa dalla mafia a Palermo, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo.

Ultimo: ho imparato da Dalla Chiesa

Del generale Dalla Chiesa ricorda «l’uomo che ha incarnato fino alla fine e tramandato i valori dell’Arma. Arma che è una sola e appartiene al popolo». In una recente intervista, Ultimo, costretto a vivere sempre nascosto da un passamontagna nero, ha ricordato lo spirito di servizio che lo ha animato nella sua missione antimafia. Una guerra a Cosa Nostra fatta in strada (senza volere nulla in cambio) e non declamata dal palco di un convegno. Al Capitano Ultimo si devono l’apertura del fascicolo sulle Coop, l’arresto di Bisignani per per traffico di informazioni segrete e appalti per la P4, le indagini sul “tesoro” di Ciancimino junior, figlio dell’ex sindaco di Palermo, quelle sui conti di Belsito, le imbarazzanti intercettazioni di Renzi e del comandante della Guardia di Finanza, generale Adinolfi. Indagini serrate in tutte le direzioni, colpendo mafia, criminalità, corruzione politica e malaffare a tutte le latitudini.

«Non lavoro, combatto»

Per Ultimo non si tratta di una professione ma di una guerra di trincea, «io combatto». «Ho imparato il mio lavoro nelle stazioni dei carabinieri, le piccole caserme sono una grandissima scuola», ha detto spiegando l’origine del soprannome. «Ho scelto Ultimo perché vedevo che tutti volevano essere primi, volevano essere più bravi, più belli, volevano emergere, ricevere prestigio. Mi facevano schifo perché – spiega il capitano – credo che il lavoro del carabiniere sia un donare e non un avere». Nessuna polemica per la rimozione dalle funzioni investigative, «rispetto le decisioni, credo che il mio lavoro possa parlare per me».

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