Atreju, tutti gli interventi del dibattito Fare Europa: da Avati a Giordano
Tre giornalisti, un ex ministro, due ex sottosegretari ma anche un poliziotto, un pescatore, un regista, un cantautore. Il pomeriggio di Atreju 2015 ha mostrato i diversi volti dell’Italia che non si arrende al renzismo e agli euroburocrati. L’apertura del dibattito, dal titolo “Fare Europa, donne e uomini con una storia da raccontare”, spetta al vicedirettore del tg1, Gennaro Sangiuliano. Un intervento dedicato al problema dell’egemonia tedesca in Europa. «Evidentemente è fallito il progetto di formare un super stato europeo», dice il giornalista e scrittore. Il problema è sotto gli occhi di tutti «ed è quello dell’egemonia tedesca in Europa, un problema che risale agli anni Settanta», ricorda Sangiuliano. Euroscettici dunque? «Meglio usare il termine “euroconsapevoli”. In Europa sì, ma con la schiena dritta». Sangiuliano ha concluso denunciando le contraddizioni di Bruxelles. «La Volkswagen è un’azienda pubblica. Quando parliamo di questo scandalo bisogna tenerlo presente. I tedeschi hanno fatto censurare la Regione Veneto per avere dato sostegno ad alcune società, ma pretendono di essere proprietari del più grande gruppo automobilistico mondiale».
Atreju 2015: da Contucci a Mantovano
Sulle note della colonna sonora de L’ultimo dei mohicani si susseguono gli interventi. Non è un giornalista ma un uomo dello Stato a emozionare la platea: è lui a raccontare l’emergenza immigrazione. Si chiama Daniele Contucci e arriva dal reparto Polizia delle frontiere, rappresentante sindacale del Consap. «Sono un semplicissimo poliziotto. Per denunciare alcune malefatte sono dovuto diventare un dirigente sindacale. Facevo parte dell’unità rapida d’intervento, con Maroni nel 2009 ministro dell’Interno, impiegata nelle emergenze provocate dalle onde migratorie. Al Cara di Mineo sono stato impiegati per più di un anno. Ogni migrante costa 37 euro al giorno, un anno, per quattromila persone. Ho denunciato il business che c’è dietro, il fatto che questa task force negli anni è stata demansionata. Ho pure denuciato «delle 170.000 persone sbarcate in Italia nel 2014, 100.000 sono scomparse nel nulla». In seguito a queste denunce «ho avuto delle avvisaglie di ritorsione. Ho potuto denunciare cose che il popolo non sa». Nel suo intervento, l’ex sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano propone il suo punto di vista sull’Europa e sul pericolo in arrivo dall’Isis: «Chi era Hitler e che cosa fosse il comunismo si sapeva già alla fine del 1940, Stalin faceva la selezione genetica delle categorie sociali, si sapeva dagli anni 30. Hitler e Stalin si sarebbero potuti fermare, ma per viltà e ignavia non si è agito. Oggi non si fa la guerra al Califfato e lo Stato islamico avanza perché Europa e Usa lo lasciano avanzare, ma non è un destino ineluttabile, dipende da noi. A ciascuno è dato di fare la propria parte».
Atreju 2015: sul palco il pescatore, il giornalista e il diplomatico
Francesco Caldaroni, presidente delle marinerie d’Italia, esordisce dopo la presentazione del moderatore, Nicola Procaccini, raccontando la sua fatica quotidiana di pescatore. «Sono venuto a terra stamattina alle 7 con la barca. In Italia abbiamo 8400 chilometri di costa, la pesca impiegava centomila posti di lavoro tra pescatori e indotto. Ora il numero dei lavoratori del comparto è crollato. L’Italia si è piegata all’Europa che inchioda con norme folli la pesca italiana». Dallo sfogo di un lavoratore di un settore penalizzato dal governo italiano alla testimonianza del giornalista e scrittore Gian Micalessin «Due anni fa intervenni ad Atreju in collegamento dalla Siria, ma adesso questa Europa mi fa più paura», osserva l’inviato di guerra. Una testimonianza supportata da numeri inquietanti. «Dal Belgio sono partiti più di 300 combattenti islamici» e mentre l’Europa «in Siria ha dimenticato i cristiani», questo comportamento è insito di rischi: «Per un’Europa incosciente oggi paghiamo un caro prezzo e l’accoglienza indiscriminata comporta dei rischi dei quali i nostri governi devono essere coscienti». Una dura reprimenda arriva da chi al governo ci è stato con Mario Monti da ministro degli Esteri e da quel governo si è dimesso per protesta. Giulio Terzi di Santagata ricorda che una favoletta è stata raccontata a tre generazioni di italiani. E cioè «che si possa governare meglio da Bruxelles che da Roma». Il risultato è invece evidente: «L’Europa fallisce perché è solo il prolungamento della Germania». Il peccato originale? «L’unificazione della Germania ha comportato una pericolosa stortura. La torre era stata costruita su pilastri uguali, dall’unificazione tedesca è arrivato lo squilibrio». Le soluzioni? «Bisogna concentrare gli sforzi, mantenendo un grado di sovranità su economia, emergenze migratorie, politica estera. L’interesse nazionale va affermato in modo più autonomo». Impossibile però che possa farlo il governo Renzi.
Atreju 2015: lo show di Giordano, la grinta di Crosetto
Il direttore del Tg4 Mario Giordano sfodera un pezzo quasi da cabaret. Esordisce riconoscendo di avere una voce stridula come quella di Rosy Bindi, ma di poter dire cose più sensate della senatrice Pd. Poi parte con il suo elenco di motivi sul “Perché l’Europa non vale una lira”. Una lista sterminata intrisa di sarcasmo: «Sugli immigrati stanno litigando, ma hanno trovato subito l’accordo per dare tre uffici a testa a ogni europarlamentare”. Oppure «L’Europa quanto deve essere lunga la banana e quale la circonferenza dei piselli, ma non riesce a uniformare gli eserciti». Considerazioni da uomo della strade, «L’euro ci ha reso tutti più poveri» a parallelismi inquietanti: «Per certi versi l’Unione europea mi ricorda l’Unione sovietica». E ancora dati surreali, ma veri. «Chiede sacrifici ai pensionati, ma spende solo per gli insegnanti di danza in Burkina Faso o per il tango finlandese. Entusiasma la platea la carica dell’ex sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto che sull’orgoglio nazionale e sulla necessità di difendere l’Italia ha dedicato il suo breve e applaudito intervento.
Premi Atreju a Giovanni Lindo Ferretti e ai fratelli Avati
Il dibattito si è concluso con due riconoscimenti speciali a grandi protagonisti della musica e del cinema. Il cantautore Giovanni Lindo Ferretti e i fratelli Antonio e Pupi Avati sono stati premiati dalla presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni come ospiti speciali e particolarmente graditi di questa edizione di Atreju. I premi sono stati accompagnati da una pianta dal valore simbolico speciale, il corbezzolo, per i colori che richiamano l’Italia, bianco rosso e verde. Prima della premiazione Ferretti ha dedicato al pubblico un suggestivo monologo intitolato A cavallo del mondo. Un poetico racconto metapolitico con tocchi di lirismo e di ironia. «Europa è stata molte cose nel tempo, al momento è Eurolandia, terra di incubi che si fanno sogno e di sogni che diventano un incubo». «Che cosa ci fa Ferretti ad Atreju? Le cose cambiano, lo disse il Dalai Lama quando il Tibet invase la Cina. Quello che c’era, adesso non c’è. Per un po’ si è detto che la storia fosse finita, ma non si è visto il riemergere della geografia». La motivazione del premio per Ferretti, cantante dei Ccp, cattolico convinto, sostenitore di posizioni sovraniste, arriva dalla stessa Meloni: «È ormai una figura molto apprezzata dal popolo di Atreju. Abbiamo scelto un premio che si lega bene con la sua figura. So che per lui oggi non era facile essere qui. È già la seconda volta che viene a regalarci la sua presenza e la sua profondità. È un po’ punk e un po’ lirico. Lo ringraziamo di essere un’icona di questa manifestazione». Per i fratelli Avati, che hanno firmato oltre 40 film dal 1970 a oggi, prima del premio la proiezione di uno spezzone del film Regalo di Natale. «Noi abbiamo cominciato – ha esordito Pupi Avati – quando i nostri colleghi si chiamavano Blasetti, De Sica, Monicelli, Risi. Purtroppo oggi il cinema sta perdendo spettatori in modo esponenziale e questo è estremamente doloroso. Il cinema che riesce a sopravvivere è quello meno significativo e interessante. E quindi sarebbe bello che da tutte le parti si affrontasse il tema della qualità delle cose che si fanno in queste Paese. Questo Paese non è più creativo in niente. La creatività ormai ha sede a Silicon Valley». Un j’accuse che Fratelli d’Italia, premiando i fratelli Avati con le motivazioni lette da Marcello Gemmato, vuole trasformare in un’occasione di riscatto. «Penso che non ci fosse bisogno di motivare un premio – ha detto Giorgia Meloni – per quello che hanno rappresentato e rappresentano per il cinema, la nostra nazione potrebbe vivere di questa eccellenza, forse le risorse andrebbero impiegate diversamente, perché spesso si è privilegiato qualche regista perché amico degli amici o per le sue idee politiche». Invertire la tendenza non sarà facile, ma per il popolo di Atreju è tempo di speranza, non di rassegnazione.