Riforme rimandate a settembre: Renzi teme il flop e prende tempo
Appuntamento di primo mattino per la segreteria Pd. Matteo Renzi ha riunito lo stato maggiore dei democratici all’indomani della decisione di dilungare l’agenda delle riforme, e in particolare la discussione sul ddl costituzionale per la modifica del Senato che tanto agita le acque interne al partito.
Il rischio flop sulle riforme
L’approdo in aula della riforma del Senato, dunque, dovrebbe avvenire a settembre, dopo un mese di riflessione, articolato in due settimane di discussione generale in commissione e una di audizioni, seguite poi dalla presentazione degli emendamenti. Una tabella di marcia che non cambierà «a meno di miracoli», hanno fatto sapere fonti della maggioranza Pd, parlando della necessità di avere margine per cercare una mediazione quanto più ampia possibile e “blindare” i numeri della riforma, superando il muro eretto dalla minoranza Pd e sondando la nuova disponibilità al dialogo di FI.
La disponibilità di Forza Italia
Dopo Paolo Romani, anche Renato Brunetta ha dichiarato che gli azzurri, pur continuando a considerare «definitivamente morto» il patto del Nazareno, sono «disponibili» a scrivere le “regole del gioco”, sedendosi al tavolo delle riforme. Purché Renzi garantisca l’elettività dei senatori e una modifica della legge elettorale, con il premio di maggioranza dell’Italicum dato alla coalizione «fin dal primo turno» e non più alla lista. Una proposta di dialogo che, hanno spiegato fonti forziste, indicherebbe tra l’altro la volontà di prendere tempo da parte del Cavaliere, anche per evitare fughe in avanti di quei senatori verdiniani che sarebbero già pronti a votare il ddl Boschi e blindarne il varo.
Minoranza Pd in agitazione
Nel governo e nel Pd per ora nessuno si è sbilanciato sulla mano di tesa di Forza Italia, ma la disponibilità al dialogo «con tutti» sulle riforme da parte di Renzi – hanno sottolineato fonti vicine al premier – c’è e resta. Ma è sul ddl costituzionale che il presidente del Consiglio sarebbe pronto a mediare, non sull’Italicum, dove pure subisce un pressing da parte della minoranza interna, che guarda con sospetto al rilancio del dialogo con il Cav: i 25 senatori della minoranza Pd sospettano che Renzi possa usarlo per “scavalcarli”. I loro voti, se Forza Italia vota contro, sono infatti determinanti per far passare la riforma, tant’è che rivendicano come un effetto della loro lettera sul Senato elettivo il fatto che il governo sia stato costretto a far slittare l’agenda.