Quando l’italiana jihadista gioiva su Fb per la strage di “Charlie Hebdo”

1 Lug 2015 16:03 - di Giulia Melodia

Maria Giulia Sergio è un’italiana jihadista. La prima forse. L’Islam è diventata la sua fede e Fatima il suo nome di battesimo che sanicsce la conversione. E stigmatizza l’odio per il nemico occidentale. Per questo Maria Giulia Sergio, anagrafe a parte, è decisamente più conosciuta come la ventisettenne italiana attualmente nelle file dei miliaziani del Califfato. Già nei mesi scorsi, l‘italiana jihadista era stata la protagonista mediatica dei salotti tv che, dalla Rai a Mediaset, hanno rilanciato – tra interviste in diretta e servizi registrati – il suo caso. Un caso a dir poco sconcertante, tornato in queste ore prepotentemente al centro della scena grazie all’inchiesta milanese sul terrorismo internazionale, che ha portato a 10 arresti, tra i quali spiccano quelli dei genitori e della sorella di Fatima che, su Facebook, già qualche anno fa, si augurava in nome di Allah la «vittoria sui miscredenti». E, peggio ancora, all’indomani della strage di Charlie Hebdo, esultava per l’eccidio postando «Habibty Allahu Akbar sono morti i vignettisti che si burlavano del Messaggero pace e benedizione su di lui… !!! Bisogna fare sujud di ringraziamento»…

Fatima, l’italiana jihadista

Sul suo profilo personale del social network, insomma, l‘italiana jihadista, originaria di Torre del Greco (Napoli), che ha vissuto nell’hinterland milanese e poi in Toscana, prima di partire per la Siria per combattere a fianco dell’Isis, aveva inserito tutta una serie di messaggi pericolosi incitanti all’odio per il nemico occidentale e alla propaganda delle “ragioni” della Jihad. Una forma di persuasione, neanche troppo occulta, mimetizzata in mezzo a fotografie ritraenti donne che indossano il niqab, il velo integrale. Un battage sul web, quello di Fatima, che inneggiava alla guerra santa contro gli infedeli tra i blog di spose islamiche – sul suo profilo aveva messo anche a foto di una donna interamente coperta dal velo con la scritta «l’obbligo di coprirsi la faccia e le mani» – e annunci personali – il 5 agosto del 2011, in vista del matrimonio, scriveva: «Care sorelle c’è qualcuna di voi che ha delle foto di spose con niqab? Devo prendere spunto su come fare il mio niqab da sposa» –. E se nel dicembre del 2010 Fatima pregava invocando: «Allahumma rinsalda le nostre gambe e dacci la vittoria sui miscredenti», dopo aver sposato prima un marocchino e poi un albanese (alcuni familiari di quest’ultimo sono stati arrestati oggi ndr) la donna sembra aver affilato gli artigili e aumentato la dose di aggressività internetica, forte forse anche di un apprendistato teorico maturato con la frequentazione della moschea di Treviglio (Bergamo) che l’aveva, tra l’altro, indotta a postare alcune osservazioni sui testi sacri sotto il titolo “Capitolo su quando l’Islam di un uomo diviene eccellente”.

L’odio islamico propagandato sul web

Oggi Fatima, da italiana jihadista è diventata soprattutto una ricercata internazionale per la sua affiliazione al Califfato, ma nessun tribunale. Nessuna sentenza, riuscirà mai ad attenuare la portata di odio e di orrore che trasuda dalle parole dei suoi post su Facebook. Come quando, a poche ore dalla strage di Parigi nella redazione del periodico satirico, la donna convertita all’Islam diffondeva sul web la sua gioia per la mattanza. «Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell’Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli dalle loro mani». Efferato, certo, eppure questo è solo uno dei messaggi intercettati nel corso dell’indagine “Martese” scritti da Maria Giulia Sergio-Fatima. Un’attività intensa, la sua sul web, non a caso monitorata a dovere: un lavoro di controllo che – grazie alle numerose intercettazioni della procura di Milano – ha permesso di ricostruire con precisione e dovizia di dettagli i passaggi del viaggio di Fatima verso lo Stato Islamico, i contatti e gli aspetti del reclutamento e dell’organizzazione. Dunque la Sergio sarebbe partita da Roma con un aereo diretto ad Istanbul. Dalla capitale turca, poi, dopo aver attraversato il confine, avrebbe raggiunto la Siria per unirsi ai fondamentalisti del sedicente Stato Islamico. Non a caso, allora, in uno dei messaggi inviati alla famiglia nella fase dell’indottrinamento, Fatima scriveva: «…ma io parlo a nome dello Stato Islamico, lode ad Allah, e Abu Bakr Al Baghdadi chiama qui alla hijra, chiama tutto il mondo alla hijra, chiama tutti gli uomini al Jihad per causa di Dio, perché noi dobbiamo distruggere i miscredenti…». Sicuramente ci stanno provando.

 

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