Omicidio Yara, prima udienza: Bossetti nella gabbia è nervoso
Omicidio Yara, comincia il processo: quello con la p maiscuola. Quello su cui si concentra già da giorni il massimo dell’attenzione mediatica. Quello che vede alla sbarra degli imputati Massimo Bossetti, l’uomo che per la Procura di Bergamo è l’ignoto uno ricercato per anni di accurate indagini a tappeto – genetiche e non solo – svolte su una vasta area. Quello che dovrà appurare definitivamente innocenza o colpevolezza del muratore di Mapello accusato di aver ucciso la ginnasta tredicenne di Brembate.
Omicidio Yara, al via il processo
Ha voluto essere presente Massimo Bossetti per la prima udienza del processo che lo vede imputato per l’omicidio della piccola Yara. Un evento giuridico su cui sono puntati gli occhi dell’attenzione pubblica e le telecamere di tutta Italia. Così, come spesso avviene in questi casi, anche stavolta l’imputato è stato protetto dalla curiosità della folla ed è stato fatto entrare da un ingresso secondario del Tribunale di Bergamo a bordo di un furgone della Polizia penitenziaria, entrando quindi direttamente in aula, dove ha preso posto nella gabbia degli imputati. Il muratore, in carcere dal 16 giugno dell’anno scorso, ha rivolto giusto una rapida occhiata al pubblico, senza scomporsi, e, vestito con una polo e in blue jeans, ha assistito alla discussione sulle eccezioni preliminari. In aula non ci sono i genitori di Yara, che si costituiranno parte civile perché, come spiegato nei giorni scorsi dal loro legale, Enrico Pelillo, intendono evitare ulteriore clamore intorno alla vicenda processuale e si limiteranno a essere presenti solo quando dovranno testimoniare. Sono numerosissimi, infatti, i curiosi che hanno voluto assistere alla prima udienza in un’aula letteralmente blindata in cui sono stati centellinati i posti per i giornalisti accreditati e dove sono decisamente numerose le troupe televisive, anche se telecamere e macchine fotografiche al momento non sono ammesse in aula.
Il nervosismo di Massimo Bossetti
Un’aula blindata in cui tutte le attenzioni sono rivolte su di lui, l’imputato, l’uomo ritenuto dalla procura il reposnsabile di uno dei delitti che più hanno scosso l’opinione pubblica. Una violenza gratuita, quella dell’omicida, indirizzata contro una ragazzina ingenua e indifesa. E a dispetto di quanto molti avevano ipotizzato, il killer individuato sarebbe proprio lui, Massimo Bossetti, un uomo dall’aspetto dimesso che però oggi, nella gabbia degli imputati, appare nervoso, spazientito, scosso. Indossa jeans e polo grigio scuri, e ai piedi porta un paio di snaker. Nel gabbiotto in vetro dell’aula dove si svolge il processo è seduto su una sedia, i gomiti appoggiati ad un tavolo, in modo da guardare i giudici e dare le spalle al pubblico. Il suo nervosismo trapela dal continuo movimento dei piedi. L’aula è stracolma, ma il muratore ha dato solo una rapida occhiata entrando, e poi non si è più voltato. Con lui nel gabbiotto ci sono tre agenti. E intorno a lui, decine di persone in fila anche un’ora prima dell’apertura all’ingresso del Tribunale di Bergamo, dove è cominciato il processo più seguito degli ultimi anni. Processo al quale, però, non presenzieranno per il momento – almeno non fino a quando saranno chiamati a testimoniare – i genitori della ragazzina scomparsa da Brembate il 26 novembre del 2010 e trovata morta in un campo a un quindicina di chilometri da casa tre mesi dopo.