Italiani rapiti in Libia, la famiglia Failla zittisce il sindaco di centrosinistra

30 Lug 2015 17:58 - di Elsa Corsini

Parla troppo, rilascia interviste, fa supposizioni, insomma non rispetta il silenzio chiesto dalle famiglie fin dalle prime ore dal sequestro dei quattro italiani in Libia. Parliamo di Pippo Basso, loquace sindaco di Carlentini, in provincia di Siracusa, dove vive la famiglia di uno dei quattro italiani, Salvatore Failla, saldatore specializzato della Bonatti di Parma. Deve aver proprio esagerato il navigato politico che guida una giunta di centrosinistra con la speciale benedizione di Crocetta e il sostegno del Megafono (il movimento del governatore siciliano finito nella bufera giudiziaria) se i familiari hanno deciso di diffidarlo dal dare in pasto alla stampa riflessioni e pareri personali sulla drammatica vicenda, purtroppo non ancora conclusa.

La diffida della famiglia Failla

«A nome e per conto di Rosalba Castro, moglie di Salvatore Failla, recentemente rapito in Libia e tuttora nelle mani dei sequestratori, e della figlia, diffido il sindaco del Comune di Carlentini (Siracusa), ove risiede la famiglia Failla, Giuseppe Basso, dal rilasciare interviste, dal diffondere notizie di qualsiasi genere e dall’assumere iniziative che riguardino direttamente o anche indirettamente il signor Failla, senza preventiva autorizzazione da parte degli unici soggetti che ne abbiano titolo, ossia la moglie e la figlia», è la nota diffusa dal legale delle due donne,  Francesco Caroleo Grimaldi che si fa portavoce dei sentimenti dei parenti che chiedono «fortemente» che la loro angoscia non venga in alcun modo turbata e che la loro sofferta attesa sia rispettata. «Questa – conclude l’avvocato   –  è l’unica forma di solidarietà che in questo momento può essere da loro apprezzata».

Basso rispetti il silenzio

Niente parole, please. Invece fin dalle prime ore il sindaco Basso, che in molte occasioni si è sperticato in lodi  all’indirizzo di Renzi e di Crocetta (del quale apprezza soprattutto la legalità), è stato prodigo di commenti malgrado il silenzio imposto dalla Farnesina. Prima la ovvia e scontata solidarietà sotto i riflettori, con qualche particolare per stuzzicare la curiosità dei giornalisti. «Siamo preoccupati e vicini alla famiglia – ha detto in una delle interviste  – conosco bene il padre di Salvatore, che è stato anche alle dipendenze del Comune, e conosco lui come un gran lavoratore. Risiede qui, ma è spesso in trasferta in Italia e all’estero per lavoro». Poi considerazioni scontate. «Ovviamente sono fortemente preoccupati. Salvatore da tanti anni lavora per la Bonatti, si fanno dei sacrifici e per portare a casa qualcosa di più e si va incontro a queste situazioni pericolose». Poi un impegno, neanche guidasse l’unità di crisi della Farnesina, che farà tremare i  squestratori: «Seguiamo la vicenda e siamo pronti come Istituzione ad intervenire per qualsiasi cosa sia necessario». Da oggi non potrà più mettersi sotto i riflettori senza l’autorizzazioni della mamma e della figlia del tecnico siracusano ancora sequestrato in Libia.

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