Scuola, «da Renzi solo pagliacciate». Gilda: pronta la procedura d’infrazione

17 Giu 2015 11:43 - di Redazione

«Le immissioni in ruolo previste dalla riforma della scuola non sono un regalo di Renzi, ma un atto dovuto legato alla sentenza della Corte di Giustizia Europea. E poiché la Gilda è stata attrice del ricorso presentato a Lussemburgo, siamo pronti a chiedere una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto di quanto disposto dai giudici comunitari». A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, replicando all’annuncio del premier di voler stoppare il disegno di legge e rinviare di un anno le assunzioni dei precari.

Sulla scuola Gilda non fa sconti al governo

«Come ribadiamo ormai da mesi – prosegue Di Meglio – è necessario stralciare il piano di stabilizzazioni dal ddl e trasferirlo in un decreto legge: non è vero, come continua ad affermare il governo, che le assunzioni sono inscindibili dalla riforma complessiva, perché l’organico funzionale di 50mila docenti, diviso per le 8500 scuole presenti su tutto il territorio italiano, è gestibile senza alcun problema con gli attuali poteri dei dirigenti scolastici. Imputare il rinvio della riforma e delle stabilizzazioni all’eccesso di emendamenti – commenta ancora il coordinatore della Gilda – è un inaccettabile scaricabarile che, oltre a essere irrispettoso verso il Parlamento, è un evidente segnale di debolezza».

«La nuova consultazione? Pagliacciate»

In merito alla nuova consultazione che Renzi vorrebbe organizzare a luglio, Di Meglio non usa mezzi termini: «Si tratta dell’ennesima pagliacciata: le questioni sono ormai note e se decide di rinviare la riforma, è soltanto perché si è reso conto di non avere in Senato i numeri sufficienti per approvarla. Inoltre è mistificatorio dire che sono 18 i sindacati con cui doversi confrontare, poiché in realtà sono 5 le sigle rappresentative. A un confronto serio – conclude l’esponente della Gilda – non ci sottraiamo, ma sicuramente non siamo disposti a partecipare a un’assemblea ‘al Colosseo’ in cui ancora una volta si finge di ascoltare».

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