Immigrazione e corruzione: la legalità è il tallone d’Achille di Renzi

21 Giu 2015 9:07 - di Redazione

Luca Ricolfi su “Il Sole 24 Ore” fa una lunga analisi sulle difficoltà di Matteo Renzi, sotto assedio del cambiamento del clima politico in Europa, con il rafforzamento dei partiti anti-Buxelles, anti-euro e anti-immigrati. È un fenomeno che riguarda quasi tutti i Paesi europei, senza distinzionifra Nord e Sud, fra Est e Ovest, fra Paesi ricchi e poveri, grandi e piccoli. E poi c’è il ritorno in grande stile del movimento anti-casta, alimentato dalla deprimente catena di scandali e inchieste che, per l’ennesima volta, ha colpito la politica italiana, coinvolgendo in pieno il partito del premier.

Renzi e i suoi sono apparsi impreparati su sicurezza e legalità

Sugli immigrati, Renzi non pare aver capito che i problemi sollevati dalla destra “xenofoba e razzista”, che sono essenzialmente problemi di sicurezza, rispetto delle regole, decoro, sono problemi reali, chiaramente avvertiti dalla maggior parte degli italiani. In questo, Renzi si è rivelato molto simile ai suoi predecessori progressisti, che sui temi della sicurezza hanno sempre balbettato, prigionieri dell’etica. Detto per inciso, il tasso di criminalità degli stranieri è circa 5 volte quello degli italiani, segno che l’allarme delle persone comuni è in linea con la realtà.

Sugli immigrati Renzi in linea con il vecchio buonismo progressista

Sulla corruzione, le cose sono ancora più complesse. Non occorreva certo aspettare il meritorio studio di Fabrizio Barca per scoprire che cosa sia diventato il maggiore partito della sinistra. Quei comportamenti si vedevano ad occhio nudo, ed erano stati denunciati più volte, anche da membri del Pd. Perché ha aspettato cosi tanto a muovere un dito?

Sulla lotta alla corruzione Renzi ha sbagliato priorità

Fra la battaglia per moralizzare il Pd e la battaglia per normalizzare (o “mettere a posto”) la Magistratura, restituendo alla politica la sua autonomia, forse Renzi ha ritenuto di dover privilegiare la seconda. Sapendo che gli inquisiti possono essere innocenti, e che persino un condannato, talora, è vittima di un errore giudiziario, ha preferito sfidare i giudici piuttosto che far fare un passo indietro al Pd. Senza rendersi conto che un premier che sceglie sottosegretari inquisiti e candida politici condannati non sfida solo la magistratura, ma sfida l’opinione pubblica.

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