Sequestri Orlandi e Gregori, la Procura si arrende: chiesta l’archiviazione

5 Mag 2015 13:21 - di Paolo Lami

La Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulle sparizioni di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, e di Mirella Gregori, scomparsa il 7 maggio 1983, vicende per le quali erano indagati, per sequestro di persona e per omicidio, cinque persone, tutti in un qualche modo legati ad esponenti della Banda della Magliana.
A rivelare la richiesta di archiviazione del procedimento è stato il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone. Contestualmente alla richiesta di archiviazione dei procedimenti sulle scomparse di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, la Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati il nome di un testimone, Marco Accetti, per i reati di calunnia e di autocalunnia.
Nel registro degli indagati erano finiti, in varie epoche, i nomi di Sergio Virtù, autista di Enrico “Renatino” De Pedis, Angelo Cassani, detto “Ciletto“, Gianfranco Cerboni, detto “Giggetto”, e Sabrina Minardi, quest’ ultima supertestimone che attribuì alla Banda della Magliana il sequestro e l’omicidio di Emanuela Orlandi.
La richiesta di archiviazione sui casi Orlandi e Gregori, ha spiegato il procuratore capo, «conclude indagini estremamente complesse e approfondite condotte dalla squadra mobile di Roma e direttamente dai magistrati di questo ufficio nei confronti di diversi indagati».
«All’esito delle indagini che hanno approfondito tutte le ipotesi investigative – afferma il capo della procura capitolina – man mano prospettatesi, sulla base delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, delle risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati».

Spaccatura fra i magistrati, il pm Capaldo si dissocia dalla richiesta

Ma c’è una spaccatura fra i magistrati. Lo rivela lo stesso procuratore capo: la richiesta di archiviazione è «stata sottoscritta dai magistrati titolari del procedimento, i pm Ilaria Calò e Simona Maisto e vistata dal procuratore della repubblica. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo – ha aggiunto Pignatone – non condividendo alcuni aspetti della richiesta di archiviazione, ha richiesto la revoca dell’assegnazione del procedimento».
Inutile, dunque, anche l’ultimo accorato appello lanciato appena tre mai fa dal fratello di Emanuela, Pietro Orlandi: il 4 febbraio scorso con una lettera aperta agli «uomini di legge»  distribuita davanti al Tribunale di Roma nel corso di un sit-in organizzato per «chiedere verità»  sul caso di 31 anni fa, i familiari della ragazzina scomparsa nel giugno del 1983 hanno tentato di sensibilizzare lo Stato italiano e la Giustizia.

L’inutile lettera a Mattarella del fratello di Emanuela Orlandi

Nella missiva il fratello di Emanuela, si appellava, appunto «agli uomini e donne di legge. A quelli che non accettano pressioni, che rifiutano la corruzione e non chinano mai la testa». Per i familiari «non è possibile vivere ancora senza verità per una persona alla quale è stata tolta la possibilità  di scegliere della propria vita. Chiedo a voi – aveva detto Pietro Orlandi – di non lasciare sola una famiglia, una comunità di persone sempre più larga cresciuta sul desiderio di giustizia».
Un appello che sembra oggi cadere nel vuoto.
Pietro Orlandi si era anche inutilmente appellato al capo dello Stato, Sergio Mattarella: «Non rinuncerò mai alla speranza che un giorno la verità e la giustizia non siano più
relegate a semplici utopie, ma tornino ad essere i principi fondamentali di uno Stato che si reputa civile. Sono certo, presidente, che comprenderà l’angoscia che ci opprime, la stessa che lei ha vissuto nella tragedia che ha colpito la sua famiglia, quel senso di impotenza e insieme il non voler cedere e accettare che un fratello possa morire perché qualcuno ha deciso così». Parole al vento.

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