La bandiera nera dell’Isis a Palmira: la sconfitta dell’Occidente

23 Mag 2015 17:10 - di Augusta Cesari

Ci sono riusciti. E l’Occidente è stato a guardare. La bandiera nera dello Stato islamico sventola sopra la cittadella di Palmira, la città archeologica nella Siria centrale conquistata dai jihadisti dell’Isis. Lo si vede in alcune foto pubblicate su Twitter da account solidali con il Califfato. Ora è un lento stillicidio, una questione di tempo. Massacrato già da alcune distruzioni volontarie a colpi di piccone, rilanciate da terribili video di propaganda, oppure da saccheggi e vendite incontrollate sul mercato nero, il museo a cielo aperto di  Palmira, uno dei più ricchi e straordinari dell’Occidente, ha le ore contate. Tristezza, impotenza ma soprattutto rabbia. Tanta rabbie nel costatare come la città della leggendaria regina Zenobia – dal tempio di Baal alla strada colonnata, dalla necropoli alle terme di Diocleziano – rappresenti ora una sola cosa al di là di tutto: il fallimento dell’Occidente.

Palmira dopo Ninive

I tagliagole dell’Isis lo avevano minacciato e giorno dopo giorno hanno mantenuto la promessa, sotto i nostri occhi: distruggeremo le tracce della cultura occidentale, una dopo l’altra. Lo hanno fatto  a Ninive, lo hanno fatto nell’antica città assira di Nimrud, vicino a Mosul, in Iraq, lo hanno fatto ad Hatra, l’antica città a sud di Mosul, fondata nel III secolo avanti Cristo dalla dinastia dei Seleucidi. E l’occidente è stato a guardare, a deprecare, a sentenziare senza mai provare a trovare una tattica, una soluzione possibile, che non fosse una nota di “vibrante” condanna, la “consolazione” di un convegno, di un summit, come quello convocato dalla Rappresentanza Permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite, che organizzerà assieme a Giordania e Unesco un seminario al Palazzo di vetro il prossimo 3 giugno.. Bene, dovremmo applaudire, dovremmo essere meno preoccupati per le sorti di un tesoro di inestimabile valore?  Basterà un seminario a fermare l’Isis? Che vogliono farci intendere, che finora si è scherzato? o che pensavano che l’Isis si sarebbe stancato di andare a picconare siti? Condividere e rilanciare le preoccupazioni dell’Unesco è stato l’unico sport praticato dalle istituzioni dei singoli stati sempre pronti a segnalare ogni atto di barbarie dell’Isis come «un punto di non ritorno nella terribile strategia di pulizia culturale». Ogni colpo di piccone “un punto di non ritorno”. Parole e soltanto parole. Noi ne siamo nauseati. E adesso? Adesso c’è Cannes, poi il festival di Berlino, a settembre il festival di Venezia, poi le varie kermesse,  i premi letterari nei luoghi più esclusivi, le solite camarille che si autopromuovono con la scusa della cultura. Quale cultura?

Palmira, la perla del deserto

L’ irripetibile, straordinario, immenso museo a cielo aperto di Palmira con ogni probabilità non lo vedremo più come lo abbiamo conosciuto, ma anche nel chiuso delle 12 sale del museo vero e proprio si nasconde un tesoro immenso e fragilissimo di statue che ora rischia di andare perduto. Una fioca speranza per la sorte delle meraviglie della “Perla del deserto” è la notizia che molte delle statue trasportabili (ma nel museo molte non lo sono affatto), dei gioielli e dei manufatti sono stati portati via e nascosti dalla locale direzione delle antichità in luoghi distanti e sicuri. Ma non si hanno né numeri né particolari e, soprattutto, definire sicuro qualche luogo della zona è un piaillusione. Ancora una volta le stucchevoli dichiarazioni di un Occidente inerme che si nasconde dietro le parole lasciano avviliti, imbarazzati. Ancora una volta la constatazione che dopo il fatto, dopo lo choc, della cultura a nessuno importi più di tanto.

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