Caso Roberta Ragusa, il pm: «Il marito Antonio Logli è un bugiardo patentato»
Le foto al suo arrivo al tribunale di Pisa per l’udienza preliminare intestata alla scomparsa di Roberta Ragusa, ritraggono il marito della donna, Antonio Logli, accompagnato dal suo avvocato difensore, Roberto Cavani, in atteggiamento sereno. Eppure l’uomo è accusato dell’omicidio volontario della moglie e di distruzione del cadavere della vittima, scomparsa dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme (Pisa) la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, e mai ritrovata.
Roberta Ragusa, la Procura contro il marito
È stata la Procura di Pisa a chiedere il rinvio a giudizio di Logli che in questi tre anni dalla scomparsa della moglie Roberta Ragusa, ha scelto la strada dell’assoluto silenzio, non accettando di farsi interrogare durante la fase di indagini preliminari. «Ci sono indizi gravi, precisi e concordanti: secondo noi Antonio Logli deve essere processato per omicidio volontario e distruzione di cadavere», ha continuato quindi a sostenere il procuratore facente funzioni di Pisa, Antonio Giaconi, dopo aver lasciato l’aula nella quale si celebra l’udienza preliminare a carico del marito di Roberta Ragusa, di cui dal gennaio di tre anni fa si sono perse misteriorsamente le tracce.
Logli, il pm: «È un bugiardo patentato»
Antonio Logli «è un bugiardo patentato»: la definizione è del pm Roberto Giaconi che all’udienza preliminare ha chiesto il giudizio per il marito di Roberta Ragusa. «Logli portava avanti da molti anni una relazione clandestina con un’amante che era una persona intima della moglie e ciò dimostra la sua capacità di simulare e dire menzogne», ha aggiunto Giaconi a sostegno della sua affermazione, e illustrando il «quadro psicologico» nel quale sarebbe maturato il delitto di Roberta Ragusa. «L’imputato – ha spiegato il procuratore facente funzioni di Pisa – si è tolto di mezzo una persona scomoda nel momento in cui ha capito che una separazione gli avrebbe fatto perdere tutto: la casa coniugale, i soldi, i figli e forse anche il lavoro. È in questo contesto – a detta di Giaconi – che sarebbe maturato l’omicidio e questo è quello che ho spiegato al gup». Poi, al termine della requisitoria, ha aggiunto: «Ora il sostituto procuratore Aldo Mantovani sta illustrando al giudice dell’udienza preliminare, Giuseppe Laghezza, gli indizi che abbiamo raccolto e che secondo noi giustificano pienamente la richiesta di rinvio a giudizio». Il gup, ha riferito quindi Giaconi, ha già ammesso tutte le parti civili «e tra loro non ci sono i due figli di Logli, mentre sono state accolte le richieste dei parenti di Roberta Ragusa e dell’associazione Penelope che si occupa di persone scomparse». Un mistero, quello della Ragusa, fitto di indizi e di testimonianze chiave, sul quale – tra silenzi e dubbi – ci si augura la verità possa avere presto la parola finale.