Rampelli: «Satira di destra? Vi racconto Morbillo, prurito e avventura»

14 Gen 2015 15:06 - di Romana Fabiani

Morbillo, prurito & avventura. In pochi se ne ricordano: correva l’anno 1988 quando nelle edicole della capitale comparve un tabloid maculato (tremila lire), tono insolente, linguaggio underground, politica, costume e tanta satira. Da destra. Un gruppo di ragazzi dell’allora Fronte della Gioventù, il più vecchio aveva 28 anni, si misero in testa di rompere con il linguaggio severo dei parrucconi del Msi, con i teoremi della doppia pena di morte e  certi tic impresentabili del pianeta post-fascista. Nel giorno dell’exploit di vendite di Charlie Hebdo (tutto esaurito in Francia il primo numero della rivista dopo l’attentato del 7 gennaio) il pensiero corre all’ultimo esperimento di satira della droite italiana dopo la proverbiale esperienza della Voce della Fogna.  Diretto da un “inconsapevole” Adolfo Urso («non avevamo tra noi nessun pubblicista…», raccontano), il mensile  con le sue provocazioni culturali, l’ingresso di Che Guevara accanto a Nietzsche (perché «tutti gli uomini di valore sono fratelli»), il Palio di Siena visto dal cavallo, gli affondi ambientalisti, le tirate d’orecchio a Pinochet, riuscì persino a “ingannare” i compagni del manifesto che ne pubblicizzarono il primo numero certi che fosse “roba loro”.

L’inventore e animatore

Ne abbiamo parlato con Fabio Rampelli, allora 28enne, che fu l’inventore e l’animatore di Morbillo. «L’idea nacque a via Sommacampagna a cavallo tra l’87 e l’88 quando ero segretario romano del Fronte della Gioventù. Avevamo voglia di uscire dal ghetto, di confrontarci con gli avversari, di parlare “a tutti” con un linguaggio semplice e un po’ di sana goliardia, di rompere gli steccati destra-sinistra», racconta Rampelli, oggi capogruppo di Fratelli d’Italia-An alla Camera.

Eredi della Voce della Fogna, si disse. E la sede? I soldi? Come andarono le cose?

Nessun finanziamento, ahimè. Partimmo con una colletta tra di noi e gli abbonamenti raccolti on the road. Lavoravamo a casa mia: fogli lucidi, trasferibili, matite a china e Olivetti 35. Una squadra di amici squattrinati con tante idee. Chiamai le migliori “penne” tra i ragazzi del Fronte e ci mettemmo all’opera: ricordo tra i tanti redattori Giampaolo Rossi, Marco Marsilio, Roberta Angelilli, Federico Mollicone, Fabrizio Crivellari, Gloria Sabatini, Laura Marsilio, Laura Denaro…

E riusciste ad andare in edicola?

A ripensarci ora fu un miracolo. Senza nessuna esperienza se non la stampa di manifesti e volantini, andammo in giro per le edicole della città a chiedere ospitalità, una diffusione… autarchica. Non solo, riuscimmo a mettere in piedi una campagna pubblicitaria da fare invidia ai guru della comunicazione: riempimmo la città di manifesti con la scritta “Diffondi il contagio” e la foto dei principali personaggi pubblici dell’epoca con le bolle del morbillo sul viso. Non risparmiammo nessuno, neppure Papa Giovanni Paolo II. E ci conquistammo sul campo la denuncia del ministero della Sanità per diffusione di malattia esantematica. Purtroppo non andammo oltre il quinto numero per mancanza di soldi… Ma facemmo scuola, inventammo un nuovo linguaggio e ancora se ne parla.

Linea editoriale?

Rimescolare le carte in tavola, uscire dallo stereotipo del giovane di destra, capovolgere i luoghi comuni di Dio, Casa, Famiglia. Basta sfogliare il primo numero dal titolo “Insolentia” nel quale compaiono articoli dal titolo: Dichiarazione di guerra agli States, Pasolini corsaro, Diamo voce a prezzolini, il mondo è terzo. Alle pagine culturali e politiche ne corrispondevano altrettante di satira: vignette, cruciverba, guasconerie varie sempre improntate a una nuova narrazione generazionale. L’editoriale del secondo numero fu dirompente: un sonoro Fuck off  trasversale, dai compagni del Manifesto colpiti dal contagio ai “fascisti duri e puri” che storcevano il naso per l’alto tradimento. L’esperienza continuò nei primi anni Novanta come inserto dell’Italia settimanale diretta da Marcello Veneziani, anche lì satira a volontà, ricordo ancora la cronaca immaginifica di un finto rapimento di Antonio Di Pietro.

 

 

 

 

 

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