‘Ndrangheta anche nella “rossa” Emilia: 160 arresti

28 Gen 2015 13:57 - di Roberto Frulli

Centosessanta arresti. Avvocati, famosi imprenditori, politici, amministratori locali, uomini delle forze dell’ordine, perfino un giornalista. Ma, soprattutto, uomini delle ndrine calabresi che da Cutro, in provincia di Crotone, avevano pianificato e avviato lo sbarco in Emilia Romagna delle cosche forti dei solidi legami imprenditoriali che avevano stretto in sei regioni per infiltrarsi nel tessuto sociale e imprenditoriale soprattutto di Reggio Emilia e accaparrarsi i lavori.
E’ un colpo micidiale alle cosche della ndrangheta calabrese quello sferrato dalla Procura distrettuale antimafia di Bologna che, in collaborazione con altre Procure ha messo in campo un imponente operazione, denominata”Aemilia“, fra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia per portare in carcere il gotha dell’organizzazione criminale.
Migliaia i carabinieri impiegati assieme ad elicotteri ed unità cinofile addestrate alla ricerca di armi ed esplosivi provenienti dai nuclei carabinieri di Firenze Pesaro e Bologna.
Centodiciassette gli arresti disposti dalla magistratura di Bologna. Altri 46 provvedimenti sono stati emessi dalle Procure di Catanzaro e Brescia, per un totale, appunto, di oltre 160 arresti.
La regia sulle infiltrazioni delle cosche in Emilia Romagna, dove era operativa una cellula della ‘ndrina crotonese, è stato accertato che era saldamente nelle mani del clan Grande Aracri di Cuno, nel Crotonese che gestiva tutte le attività illecite emerse dall’inchiesta.

La cosca Grande Aracri aveva infiltrato capillarmente l’Emilia

I nomi che spiccano sono quelli dei fratelli Nicolino Grande Aracri, boss già detenuto e che ha ricevuto l’ordine di custodia cautelare in carcere, Domenico Grande Aracri, avvocato penalista, ed Ernesto Grande Aracri.
Dall’inchiesta è emersa la diffusione capillare in Emilia Romagna, ed in parte della Lombardia e del Veneto, delle attività della cosca dei Grande Aracri, sotto il diretto controllo e la guida di Nicolino Grande Aracri, con infiltrazioni in molteplici settori economici ed imprenditoriali.
La maggior parte degli arresti, eseguiti su misura cautelare richiesta dal sostituto procuratore della Dda di BolognaMarco Mescolini e firmata dal gip Alberto Ziroldi, sono stati eseguiti nella provincia di Reggio Emilia, dove è presente in maniera massiccia la cosca Grande Aracri.
Tra le persone finite in manette figurano diversi imprenditori calabresi, alcuni già noti alle forze dell’ordine, tra cui Nicolino Sarcone, considerato anche da indagini precedenti il reggente della cosca su Reggio Emilia. Sarcone, già condannato in primo grado per associazione mafiosa, è stato recentemente destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale che gli aveva bloccato beni per 5 milioni di euro.

Arrestato anche il padre del calciatore Vincenzo Iaquinta

Fra gli arrestati ci sono anche importanti imprenditori del settore edile fra cui Giuseppe Iaquinta, padre del calciatore Vincenzo Iaquinta, campione del mondo, arrestato nel reggiano e Augusto Bianchini che ha partecipato agli appalti per la ricostruzione post terremoto in Emilia Romagna residente nel Modenese.
In manette anche il consigliere comunale di Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani, di Forza Italia, prelevato dai carabinieri dalla sua abitazione di Arceto di Scandiano e l’ex-assessore Giovanni Paolo Bernini ex-Psdi, poi Forza Italia, già finito in manette nel 2011 per un un summit fra lui e il boss Zagaria. Secondo investigatori e inquirenti il giornalista Marco Gibertini, raggiunto da misura di custodia cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa, «metteva a disposizione del sodalizio i suoi rapporti con i politici con l’imprenditoria e con il mondo della stampa», con interviste in tv e su un quotidiano.
Parla di «intervento che non esito a definire storico, senza precedenti. Imponente e decisivo per il contrasto giudiziario alla mafia al nord» il procuratore Franco Roberti. «Non ricordo a memoria un intervento di questo tipo per il contrasto a un’organizzazione criminale forte e monolitica e profondamente infiltrata», sottolinea con grande soddisfazione il procuratore.
Gli fa eco il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso descrivendo l’organizzazione ‘ndranghetista sgominata: «E’ la mafia imprenditrice quella che abbiamo scoperto in Emilia. E’ questa la novità dell’indagine». Di fatto a 54 persone è stata contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Cinque di loro con la qualifica di capi, sei come organizzatori. Quel che è certo, dice il procuratore Alfonso, è che l’epicentro dell’attivitá del gruppo è Reggio Emilia. Tanto che la magistratura ha ascoltato, come persona informata dei fatti, anche il sottosegretario alla presidenza del ConsiglioGraziano Delrio quale ex-sindaco di Reggio Emilia, che fu sentito nel 2012. «Volevamo capire in che tipo di considerazione la società di Reggio Emilia teneva la comunità calabrese», ha spiegato Alfonso, aggiungendo che oltre a Graziano Delrio furono sentiti altri politici reggiani.
Sintetizzano gli investigatori: In Emilia la ‘ndrangheta ha assunto una nuova veste, colloquiando con gli imprenditori locali. Sorprendente e preoccupante che gli amministratori locali non si siano accorti di nulla.

Salvini: da mesi denunciamo la ndrangheta in Emilia

Certo, c’è «soddisfazione per gli arresti» ma anche «amarezza perché la Lega, da mesi, da Reggio a tutta l’Emilia, sta denunciando lo strapotere mafioso», commenta il leader della Lega Nord Matteo Salvini.
Dall’indagine “Aemilia“, peraltro, sono emersi riscontri di attività di supporto e tentativi di influenzare elezioni amministrative da parte degli affiliati al gruppo criminale in vari comuni dell’Emilia.
Di fatto il “locale” di ‘ndrangheta di Cutro stava diventando il punto di riferimento delle cosche del crotonese e Nicolino Grande Aracri aveva intenzione di costituire una grande provincia in autonomia a quella reggina.
«Si tratta – ha spiegato il procuratore di CatanzaroVincenzo Antonio Lombardo – di una operazione importante perché evidenzia il ruolo che stava assumendo Cutro e che non aveva mai avuto».
A parlare delle intenzioni di Grande Aracri di costituire una grande provincia di ‘ndrangheta è stato un collaboratore di giustizia, Giuseppe Giampà, ritenuto un boss della ‘ndrangheta del lametino. Dalle indagini è emerso anche come la cosca di Nicolino Grande Aracri, almeno sino al momento del suo arresto, avvenuto nel 2013 per una tentata estorsione ad un villaggio turistico, stesse assumendo il ruolo, essenzialmente, di punto di riferimento delle cosche di tutto il distretto giudiziario di Catanzaro – che comprende anche le province di Crotone, Cosenza e Vibo Valentia – ma con contatti anche con cosche del reggino.
«Grande Aracri – ha detto Lombardo – si atteggia a capo di una struttura al di sopra dei singoli locali. E’ sostanzialmente il punto di riferimento anche delle cosche calabresi saldamente insediate in Emilia Romagna dove c’era una cellula dotata di autonomia operativa nei reati fine. I collegamenti tra Emilia Romagna e Calabria erano comunque continui e costanti e non si faceva niente senza che Grande Aracri lo sapesse e desse il consenso».
Nel suo ruolo di “direzione” Nicolino Grande Aracri avrebbe avuto la collaborazione dei suoi fratelli, Domenico ed Ernesto, di fatto suoi emissari.

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