Il ciclista Marino viene eletto e Buzzi vince l’appalto sulle ciclabili…

12 Dic 2014 20:34 - di Paolo Lami

E’ il 12 giugno 2013 quando il neo-sindaco ciclista Ignazio Marino scala via di San Pietro in carcere in bici e si insedia al Campidoglio. Qualche giorno dopo, sempre nell’estate del 2013, la cooperativa 29 giugno guidata da Salvatore Buzzi, ottiene un appalto da 800 mila euro per la manutenzione delle piste ciclabili della Capitale.
Una coincidenza straordinaria che i militari del Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma cristallizzano in un delicato rapporto, un’informativa depositata dalla Procura al Riesame.
Per portare a chiusura questa operazione un ruolo fondamentale viene svolto, secondo gli inquirenti, da Claudio Turella, il funzionario del X Dipartimento di Roma Capitale, quello denominato “Tutela ambiente e verde – Protezione Civile”, a cui sono stati trovati in casa 570mila euro in contanti, suddivisi in buste con sopra il logo del Comune di Roma e ritenuto dagli inquirenti colui che «garantiva al sodalizio continuità tra le diverse Giunte capitoline, consentendogli di esercitare pertanto le proprie influenze, indipendentemente dall’area politica al potere».

La “cresta” sull’Iva vale una tangente da 30mila euro

Per questo appalto il funzionario si sarebbe mosso, in base a quanto ricostruito dal Ros, per far ottenere gli 800 mila euro «al netto dell’Iva invece che comprensivo di quest’ultima imposta».
In cambio di questo rialzo che, per Buzzi, vale altri 176.000 euro, Turella «avrebbe avanzato la richiesta di 100 mila euro, successivamente rinegoziata – scrivono i carabinieri – in 30 mila come prezzo per l’atto contrario ai doveri di ufficio».
In una intercettazione Buzzi, confermando che Turella era uomo vicino al clan, afferma che «gli davamo la pagnotta pure a lui…».
Stando alle carte dell’inchiesta, certamente Turella avrebbe ricevuto dal clan anche «40 mila euro, elargiti quale evidente tangente per l’emergenza neve», quando Roma fu messa in ginocchio dalla straordinaria nevicata e furono messi all’opera gli uomini della cooperativa di Buzzi.
Ma i Ros mettono in rilievo anche un altro elemento particolarmente delicato su Turella. Secondo i militari dell’Arma, infatti, potrebbero esserci collegamenti tra il furto di un pc avvenuto il 5 dicembre in alcuni uffici del Comune di Roma e Claudio Turella.
L’episodio è citato in una informativa del Ros, depositata alla Procura di Roma, che analizza il ruolo svolto da Turella per favorire il clan nell’ottenimento di appalti per la gestione del verde pubblico.

Il Tribunale del Riesame conferma l’aggravante mafiosa

Il furto è avvenuto «negli uffici comunali del X Dipartimento, in piazzale di Porta Metronia, ed in particolare – scrivono i carabinieri – all’interno del complesso che ospita il Servizio Giardini, dove è inquadrato l’ufficio di Claudio Turella», il funzionario comunale che secondo l’accusa «garantiva all’organizzazione continuità tra le diverse giunte capitoline».
I carabinieri, in riferimento al furto, scrivono, che ignoti «dopo essersi introdotti abusivamente nella struttura ed aver rovistato» in alcuni cassetti si «erano impossessati del notebook di proprietà di un dipendente della Protezione Civile del Comune di Roma». In base alle dichiarazioni rese dal personale dell’ufficio, infine, «non risulta essere stato sottratto altro materiale di valore o documentazione d’interesse».
Intanto il Tribunale del Riesame ha sciolto la riserva e ha rigettato le richieste avanzate dai difensori di Massimo Carminati, Riccardo Brugia, Roberto Lacopo e Fabrizio Franco Testa che restano in carcere poiché rimane confermata l’aggravante mafiosa.
Il Tribunale del Riesame ha confermato il carcere anche per Emilio Gammuto, accusato di corruzione aggravata. Il difensore di Carminati e Brugia, Giosuè Bruno Naso, aveva chiesto che fosse dichiarata l’insussistenza dell’aggravante del metodo mafioso contestato agli indagati ed, in subordine, gli arresti domiciliari per Testa e Lacopo. I pm Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini hanno sollecitato il rigetto di tutte le richieste. Infine Raffaele Bracci, accusato di usura, è andato ai domiciliari su decisione del gip Flavia Costantini.

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