Così un pugno di eroi difese l’Italia dai bombardamenti a tappeto “alleati”
A difendere i cieli d’Italia è il titolo del libro di Marco Petrelli, che attraverso racconti e testimonianze dei piloti dell’Aeronautica nazionale repubblicana 1943-1945 (come spiega il sottotitolo) si propone di illustrare quale sia stato l’intento ultimo non solo dei piloti della Rsi ma anche di tutti quelli che vi aderirono. Edito per la casa editrice Ciclostile, A difendere i cieli d’Italia racconta, già dal titolo, l’attività degli aviatori che – come dissero loro stessi – intesero difendere l’Onore d’Italia ma poi si trovarono a dover difendere le città e la popolazione civile dai durissimi e sistematici bombardamenti cosiddetti a tappeto che gli anglo-americani effettuarono praticamente su tutta la penisola allo scopo di terrorizzare i civili e di fiaccare le resitenze dei nemici. È inutile qui riportare i bombardamenti più sanguinosi e criminali che avvennero contro innocenti in tutta Italia, perché c’è già una vasta pubblicistica sull’argomento, qui vogliamo mettere l’accento su quello che un pugno di valorosi fecero, a rischio della loro stessa vita, per proteggere i cittadini da una sorte che non meritavano. Così Marco Petrelli si è messo a cercare di rintracciare gli aviatori di Salò che erano vivi nel 2014, per sentire la loro testimonianza. Come dice l’autore, età media novant’anni, sparpagliati per tutta Italia. Eppure qualcuno è riuscito a incontrarlo. Il denominatore comune di questi uomini fu quello di essersi lanciati in una lotta impari con le grosse formazioni alleate per evitare i bombardamenti, e il fatto di aver lottato contro gli anglo-americani li ha inevitabilmente esposti al giudizio negativo dei vincitori. In realtà, il libro di Petrelli dimostra che questi uomini con lottarono per evitare la vittoria degli alleati, ma per evitare la morte di migliaia di civili innocenti. Nella bella prefazione Mario Arpino (ufficiale pilota in congedo) ricorda le figure di molti aviatori italiani di quell’epoca, come Adriano Visconti e il tenente Valerio Stefanini, assassinati insieme dai partigiani dopo che questi ultimi avevano loro promesso salva la vita, ricorda la sorte che toccò a questi uomini dopo la guerra, espulsi dalle forze armate o riammessi senza gradi e decorazioni, e così via. Quello che è certo, ricorda Arpino, è che questi piloti poterono opporre al nemico solo il coraggio. Uno di questi è il sergente maggiore pilota Loris Baldi, 94 anni, che accetta di raccontare a Petrelli quella esperienza. Volava con il tenente Ugo Drago e faceva parte della celebre squadriglia detta Gigi tre osei. «Mi sembrava normale librarmi in volo per difendere le città italiane colpite dai bombardieri stranieri» è la frase che dà a tutto un senso. C’è poi l’intervista con il sottotenente pilota Franco Benetti, classe 1923, fu cofondatore, con l’asso dell’Aviazione repubblicana Luigi Gorrini, del Museo dell’Aria e dello Spazio, a San Pelagio, in provincia di Padova. Segue un ricordo dell’ufficiale pilota Carlo Cavagliano, il cui figlio tiene un profilo facebook e un blog in memoria del padre, e quello del maggiore Carlo Miani, classe 1914, triestino, raccontato dal nipote, poiché l’asso morì a Perugia vent’anni fa. Nel libro incontriamo altre figure leggendarie, come il capitano Mario Bellagambi, il tenente colonnello Aldo Alessandrini, il sergente maggiore Gino Pizzati, e naturalmente Luigi Gorrini, scomparso di recente, al quale il Secolo ha dedicato un ricordo. La seconda parte del volume, tutto da godere, è dedicato agli approfondimenti letterari, dai disegni raffiguranti gli aerei della Repubblica alle riflessioni degli addetti ai lavori. In conclusione, un’opera della quale si sentiva il bisogno, che mancava ma che soprattutto rende giustizia a degli italiani che si sacirficarono per i loro compatrioti e che compirono la scelta che in quel momento sembrò loro più giusta. E che quasi tutti poi furono ostracizzati e perseguitati dai vincitori…