Cantone non basta, la Corte dei Conti accende i fari su Expo 2015
Expo 2015 deve gestire “in modo incisivo e trasparente i problemi ancora presenti assicurando la legalità delle procedure di affidamento delle opere e dei servizi’ per salvaguardare anche l’immagine del Paese nel contesto internazionale». L’atto di accusa è firmato dalla Corte dei Conti nella relazione sulla gestione della società, a pochi mesi dalla nomina del super-commissario Raffaele Cantone, chiamato a vigilare proprio sulla grande manifestazione meneghina.
“Vigilare meglio sugli appalti in corso”
«Nel 2013, la società – prosegue la magistratura contabile – è finalmente entrata in pieno nella fase operativa. Si rivela ora indispensabile, a pochi mesi dall’inaugurazione dell’Esposizione, che la società gestisca in modo incisivo e trasparente i problemi ancora presenti, tra i quali quelli conseguenti ai procedimenti giudiziari in corso, assicurando la legalità delle procedure di affidamento delle opere e dei servizi, al fine di salvaguardare, con il corretto impiego delle risorse impegnate, anche l’immagine del Paese nel contesto internazionale. L’esercizio 2013 si è chiuso con una perdita di 7,42 milioni, legata al fatto che in quanto ”società di scopo” la maggior parte dei costi si concentrano nei primi anni di attività mentre i ricavi sono posticipati alla data di realizzazione dell’evento. La Corte ricorda poi come, dopo alterne ipotesi, l’area effettivamente individuata quale sito espositivo risulti per l’85% di proprietà privata, e ”come tale circostanza abbia indubbiamente determinato diverse criticità, sia per i costi di acquisizione che per le difficoltà operative connesse alle procedure di rilascio delle aree”. Per la magistratura contabile ”la convergenza di interessi pubblici e privati che ne ha costituito lo scenario di fondo – tipico del partenariato pubblico privato – avrebbe potuto essere caratterizzato da un diverso e più omogeneo coinvolgimento degli operatori privati coinvolti, specie nella ripartizione dei rischi e nell’efficientizzazione delle risorse, in ragione della loro natura pubblica”.
I dissapori tra Comune e Regione
Tra le criticità incontrate fin dall’inizio dalla società di gestione nell’acquisire la disponibilità dei terreni privati, la Corte ricorda ”quelle connesse alle divergenti vedute tra Regione Lombardia e Comune di Milano, circa il regime giuridico da adottare per l’acquisizione delle aree” ”compromettendone l’efficiente programmazione preliminare e la tempestiva operatività”. Lo stallo non si è risolta neanche con la nascita a giugno, di un’apposita società pubblica, la Arexpo Spa, incaricata dell’acquisizione dei terreni, a causa dei tempi tecnici delle procedure di esproprio e compravendita , che si sono protratti sino a luglio 2012. Proprio oggi a Milano sono convocati assemblea e Cda di Arexpo e l’ipotesi che si è fatta strada, dopo che il bando per il dopo-Expo è andato deserto, è di una vendita a pezzi. Ha influito negativamente sull’azione della società anche la flessione del sostegno finanziario dei soci, Provincia e (in misura minore) Camera di commercio di Milano: in effetti, a fronte degli interventi di tali due enti, pari rispettivamente al 2,40% e al 2,18%, del totale cumulato per azionista, nel 2013 il Ministero dell’Economia ha contribuito per l’84%, il Comune di Milano per il 14,15% e la Regione Lombardia per il 10,87%, rileva la Corte dei Conti. Nel giudizio, articolato in 195 pagine, i giudici rilevano la ”cornice normativa in continua evoluzione” e osservano che il regime derogatorio, pur se motivato, ”necessita di valide strategie compensative, affinché sia comunque garantita la scrupolosa osservanza, almeno, dei principi generali negli affidamenti di opere pubbliche, non senza osservare come una auspicabile disciplina ‘dedicata’ ai grandi eventi, piuttosto che la rilevante quantità di deroghe alla normativa ordinaria, meglio potrebbe intervenire sulla gestione di tali peculiari opere pubbliche, approntando nel contempo gli strumenti di controllo più idonei a garantirne la legalità”.