26 dicembre 1946, il sogno non muore: nasce il Movimento Sociale Italiano

26 Dic 2014 10:25 - di Antonio Pannullo

La nascita del Movimento Sociale Italiano viene preceduta da alcuni fatti, il più importante dei quali si svolge a Roma nel maggio del 1946. Tra i moltissimi gruppi e gruppetti fascisti, ve n’è uno, guidato da Pino Romualdi, detto “il dottore”, che si chiama Far, Fasci di azione rivoluzionaria, al cui vertice si forma un organismo chiamato il Senato, che cerca in qualche maniera di coordinare la nebulosa fascista superstite, in Italia, ma soprattutto a Roma. A fine luglio, il Senato affronta in una riunione a Roma il problema di cosa fare in futuro. Romualdi propone di abbandonare l’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, che aveva riscosso un qualche successo elettorale, e di formare un movimento che catalizzi tutti i fascisti dispersi. La sua tesi passa di misura, così si individuano in Giorgio Almirante e in Giacinto Trevisonno le persone che avrebbero potuto rivestire responsabilità nel nuovo movimento, in quanto Romualdi era ricercato, tanto che poi, nel 1948, fu arrestato e rimase otto mesi in carcere. Insomma, era deciso. Il 3 dicembre ci fu un’altra riunione in via Barberini, a casa del papà del futuro segretario del Msi Arturo Michelini, Renato. Alla riunione partecipano rappresentanti dei giornali fiancheggiatori e i leader di alcuni gruppi politici, tra i quali il Mius, Movimento italiano di unità sociale, di cui faceva parte, tra gli altri, proprio Almirante. Si stabilì di creare un nuovo soggetto politico, come si direbbe oggi, che si chiamerà Movimento Sociale Italiano.

Il ruolo di Rivolta Ideale di Tonelli

Seguirono altre riunioni, con molti e diversi partecipanti, fino ad arrivare a quella decisiva. Il 26 dicembre, dopo altri numerosi – e faticosi – contatti preliminari tra le varie e variegate organizzazioni e associazioni che vi confluivano, e preparato dal giornale Rivolta Ideale (diretto da Tonelli, uno dei membri del Senato), si costituì a Roma il Movimento Sociale Italiano (siglato all’inizio Mo.S.It.), il cui primo atto fu di rivolgere un appello agli italiani per la ricostruzione e presentare i dieci punti programmatici. Tra questi dieci punti, è fondamentale ricordarlo ancora, ve ne era uno dedicato specificamente alla pacificazione nazionale, peraltro sempre respinta dai comunisti. Già il 29 furono affissi per la città manifesti con entrambi i documenti. Si varò lo statuto provvisorio che prevedeva otto organismi. Giacinto Trevisonno fu nominato segretario della giunta esecutiva, mentre a Carlo Guidoboni fu dato il compito di organizzare il nucleo giovanile del nuovo partito, il Fronte giovanile, “nonno” del Fronte della Gioventù, poiché si era convinti, e con ragione, che l’anima del Msi sarebbero sempre state le nuove generazioni, e così in effetti fu sempre. Mentre erano ancora vive l’epurazione, la persecuzione e le vendette cielleniste contro i fascisti, affluirono nel nuovo partito della fiamma tricolore combattenti della Repubblica Sociale Italiana, reduci dai campi di prigionia, epurati, e soprattutto giovani e giovanissimi che la guerra non l’avevano fatta. Si calcola che nel 1945 fossero decine di migliaia i fascisti in carcere a vario titolo, e questo mentre in Italia si parlava di nobili valori, di democrazia, di libertà.

Un movimento radicato sul territorio

Dopo pochissimi mesi, se non settimane, il Msi era già una realtà solida, strutturata, organizzata, radicata sul territorio. Il partito si articolò subito in sezioni comunali e federazioni provinciali. Mancavano i mezzi ma si supplì con il volontarismo, reso ancora più eroico per il fatto che si doveva combattere contro l’ostracismo, la congiura del silenzio della stampa, il carcere, la disoccupazione, la violenza di piazza, anche armata, la penosissima carenza di mezzi economici. Ma soprattutto si doveva combattere contro almeno una parte dei vincitori e la loro arroganza. Il 5 febbraio del 1947 venne redatto uno statuto provvisorio del Fronte giovanile. Il 10 uscì – numero unico – la prima pubblicazione dell’organizzazione giovanile missina, Che l’inse!, dal grido del Balilla. Il 9 febbraio si tenne nella sede del Msi, in corso Vittorio Emanuele 24, il primo giornale parlato, ossia una commistione di comizio, dibattito, confronto tra il pubblico e gli esponenti del partito. Ideato da Almirante e attuato da Mario Cassiano. Il 20 febbraio si costituirono le sezioni Appio-Tuscolano, Italia Nomentano-Città Giardino, Savoia e Colle Oppio, la quale in realtà già era utilizzata in precedenza da combattenti della Rsi e profughi istriani e dalmati, tanto che poi si chiamerà, e si chiama ancora oggi, “Istria e Dalmazia”. Le prima sezione aperte in provincia? Quelle di Guidonia Montecelio e Morlupo. Nel febbraio si costituirono anche i Nuclei universitari del Msi. Oltre a Rivolta Ideale, che Tonelli aveva continuato a mettere a disposizione del Msi, il partito si dotò di un suo modesto organo ufficiale, la Circolare settimanale, due o quattro – poi otto – fogli dattiloscritti su cui veniva raccontata la vita del nuovo Movimento. Sulla Circolare appariva anche la rubrica dei giovani del Fronte, Fanfara. La prima sede del Msi fu aperta in corso Vittorio Emanuele 24, nei cui locali vennero ideati e attuati i cosiddetti giornali parlati, specie di conferenze a ingresso libero dove si esponevano e si commentavano le tesi del Msi o i fatti del giorno e si apriva un dibattito aperto a tutti. Nelle sezioni si costituirono i Gop, gruppi di organizzazione e propaganda, raggruppamenti scelti, antenati dei futuri GO (Gruppi Operativi) di via Sommacampagna degli anni Settanta, “invenzione” di Teodoro Buontempo e Franco Tarantelli. In aprile poi nacquero i nuclei sociali di Prati-Trionfale, Gianicolense-Ostiense, Trastevere-Testaccio, Prenestino, Labicano, Monti-Trevi, Pinciano, Borgo-Ponte e il primo nucleo studentesco, che fu costituito al liceo Dante Alighieri in Prati. Il primo segretario della giunta provinciale di Roma, nata nel gennaio di quell’anno, fu l’avvocato Nestore Sciarretta. Della giunta provvisoria faceva parte, tra gli altri, l’avvocato Mario Niglio, ancora vivente e che ci ha raccontato alcuni di questi episodi.

Come nacque il simbolo della fiamma

Enzo Erra poi, in un’intervista con Almirante su Intervento, degli anni Ottanta, ci racconta come nacque il simbolo: un mutilato, incontrando Almirante sulle scale nella sede, gli propose di utilizzare la fiamma, simbolo dei combattenti, e gliela abbozzò su un foglio. Fu utilizzata già nelle amministrative romane. Malgrado la commovente penuria di mezzi, al 31 maggio esistevano già 300 sezioni del Msi in tutta Italia con quasi diecimila tesserati. Negli anni successivi Almirante sottolineò sempre il grande ruolo di Rivolta Ideale, “che ha parlato quando gli altri tacevano”. La ragione del successo del Msi e segreto della sua stessa sopravvivenza, fu la immediata diffusione capillare in tutta Italia e il suo radicamento sul territorio, frutto probabilmente dell’esperienza del Partito nazionale fascista che i primi missini portarono con loro. Inizia così la pluridecennale storia del Msi.

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