Vietato rovistare tra i rifiuti: la pensata di De Magistris al caos di Napoli

27 Nov 2014 14:07 - di Ginevra Sorrentino

Nella Napoli endemicamente afflitta dal problema dei rifiuti la questione spazzatura assume nuovi, inquietanti contorni. E il sindaco De Magistris ha pensato bene di proporre la “sua” soluzione all’atavico “grattacapo” (e alle sue creative divagazioni sul tema): disporre un’ordinanza con cui vietare di rovistare nei contenitori della spazzatura e rivendere in strada la merce prelevata dai cassonetti, con tanto di sanzione di 500 euro per i trasgressori. L’Asia, in tutto ciò, l’Azienda servizi igiene ambientale di Napoli, è incaricata di fornire il necessario supporto tecnico e logistico per il ritiro e la distruzione del materiale prelevato.

L’ultimo business: vendere “merce” trovata nei cassonetti

Già, perché l’“affaire monnezza” nella bellissima città del Vesuvio non si limita più “semplicemente” alle obsolete criticità legate alla raccolta differenziata, al prelievo e allo smaltimento dei rifuti urbani, ma in virtù della tradizionale arte dell’arrangiarsi tipicamente partenopea, ha rivelato ultimamente una nuova idea di riciclo, più anti-igienica che anti-ecologica: la vendita – con tanto di esposizione – dei prodotti di scarto recuperati. Ma, ahinoi, non c’è niente di eco-sostenibile o di bio-accettabile in tutto ciò, anzi. Tanto è vero che, oltre alle ovvie preoccupazioni in materia di tutela della salute, la neonata attività commerciale nei giorni scorsi ha scatenato accese tensioni tra residenti di alcune zone della città e abusivi di “mercati” all’aperto.

De Magistris nel mirino: risvolti razziali nell’ordinanza?

Ora, che gli ingegnosi abitanti di Napoli siano dei simpatici fuoriclasse nell’aggirare le difficoltà trasformandole quasi in un vantaggio, è cosa nota. Ma che il sindaco li superi a destra, fa ancora notizia. Una volta di più. Già, perché affrontare il problema dei rifiuti a Napoli partendo dall’ultimo gradino della scala delle criticità, desta più di qualche perplessità. In una regione come la Campania, dove i rifiuti tossici sotterrati nella Terra dei Fuochi hanno generato – e continuano a provocare – malattia e morte. Dove respirare le esalazioni nocive di spazzatura incendiata dopo settimane di accumuli agli angoli delle strade è stata a lungo la norma. Dove gli abitanti di grandi centri urbani, come di piccole zone di provincia, sono arrivati a rimpangere la gestione della spazzatura appaltata alla malavita organizzata. Dove intere zone periferiche sono diventate discariche a cielo aperto, pensare di affrontare la cosa vietando il rimestare nei cassonetti per procacciarsi merce da riciclare nella fiera della disperazione quotidiana suona quasi come una provocazione. E il bello è che, nel tentativo di difendere la sua iniziativa, il primo cittadino di Napoli si è preoccupato più che altro di scagionarsi dalle accuse di razzismo rivolte al provvedimento da lui emanato, precisando che l’ordinanza non ha alcun risvolto razziale o etnico perché «si parla di tutti, dei cittadini di ogni nazionalità. Napoli – ha sottolineato De Magistris – è città dei diritti, dell’inclusione». E delle involontarie gaffe del suo primo cittadino.

 

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