E alla Suprema Corte si insedia colui che difese i Pm del caso Tortora

12 Nov 2014 20:46 - di Domenico Labra

Adesso sì che siamo messi bene. L’elezione di Alessandro Criscuolo a presidente della Corte Costituzionale sembra il tassello mancante. La tessera di un mosaico che così ricomposto disvela la realtà. Pittibimbo a Palazzo Chigi a bischereggiare un giorno sì e l’altro pure; Nonno Giorgio, prigioniero di se stesso, inchiavardato al Quirinale e, dulcis in fundo, il settantasettenne napoletano alla Suprema magistratura.

Ha difeso De Magistris

Due a uno Napoli- Fiorentina, se si ha voglia di scherzare. La dimostrazione che il Padreterno ci ha abbandonati, se si riflette un attimo. Il neo eletto ha difeso Giggino De Magistris quando a Catanzaro finì sotto procedimento per la conduzione delle sue inchieste, mentre in precedenza, da presidente dell’Anm, si schierò con i Pm che avevano messo in galera Enzo Tortora parlando, come ci ricorda l’Ansa, di «campagna diffamatoria» nei loro confronti. Tortora da lassù sta ridendo sicuramente. Perché così è l’Italia. Perché ci si fa il callo a tutto. Né ci si meraviglia e né più ci si indigna. Il buongiorno si vede sempre al mattino. E il mattino ci ha appunto regalato questo nuovo presidente della Corte. Tutti contenti, tutti plaudenti.

 «La legge elettorale è necessaria»

Anche perché Criscuolo,  con la prima frase del suo primo appello, è parso la reincarnazione di  monsieur De La Palice  (Lapalisse): «La legge elettorale è necessaria. Un paese non può farne a meno», ha detto con solennità. E giù consensi come se piovesse in Liguria. Che certo si potrebbe chiedergli, subito subito, perché mai solo dopo otto (8) anni di letargo lui e i suoi esimi colleghi hanno deciso di cassare la precedente lasciando chi non potrebbe farne a meno (il Paese) senza. Silenzio deferente. In ultimo il neo presidente ha rilanciato l’auspicio che si superi lo stallo per l’elezione del quindicesimo membro della sua Corte da parte del Parlamento. Piaciuto anche questo. Soprattutto al pentastellato Toninelli che, alla maniera del mitico Tafazzi, ha plaudito felice. Praticamente nello stesso momento in cui il suo capo Beppe Grillo tuonava contro Commissione europea, Germania e tutti i poteri forti messi insieme.

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