Scuola, 30 anni fa la storica vittoria di Fare Fronte. Lezione ancora valida?
Quando nelle scuole non imperversavano i bulli ma si tentava di fare politica… Risale al primo dicembre del 1984, trent’anni fa, il successo a Roma delle liste di Fare Fronte per il contropotere studentesco. La nuova sigla, pensata per lanciarsi alla conquista degli studenti medi dopo la luttuosa stagione degli anni di piombo, ottiene il 23% dei consensi contro il 14,9% che i “fiduciari” del Fronte della Gioventù stimavano per il 1978.Gianni Alemanno, all’epoca segretario provicniale del FdG nella Capitale, esulta sulle colonne del giornale “rautiano” La Contea: “È la dimostrazione che un risveglio studentesco dal torpore del riflusso è in atto e noi ne siamo i protagonisti”.
La formula vincente
Un risultato che nasce dopo mesi di “gestazione”, dopo riunioni e conciliaboli in cui i giovani del Msi decisero di abbandonare le logiche di conflitto per parlare agli studenti il linguaggio della sintesi e della ricomposizione superando per sempre i rituali della “guerra per bande”. Una formula che si rivelò vincente e convincente e che rappresentò una ventata di novità in un partito ripiegato su se stesso e su parole d’ordine ormai prive di appeal. Anche Alessandro Amorese nel suo libro Fronte della Gioventù, la destra che sognava la rivoluzione (Eclettica) racconta l’esperienza del FdG post- anni di piombo sottolineandone la forza innovativa: “Racconto – dice Amorese – un mondo che seppe portare avanti nuove tematiche: ecologismo, identità, indipendenza nazionale, sovranità (quest’ultima, oggi molto attuale, fu spunto già 30 anni fa per i ragazzi del FdG), superamento degli opposti estremismi, quegli estremismi che avevano insanguinato il decennio precedente”.
Il movimento dell’85
Trent’anni fa questo vento di novità portò a risultati insperati nelle scuole tanto che un anno dopo, nel 1985, fare Fronte tornerà nelle piazze italiane, isolando le provocazioni dell’ultrasinistra e ritagliandosi uno spazio sulla stampa che finalmente non parlerà più di “squadracce” e “piacchiatori”. Un’eredità che sarebbe il caso di “ripassare” in tempi in cui il protagonismo giovanile segna il passo in tutti i partiti e le pratiche violente tornano in auge forse perché nessuno se la sente di accendere la miccia delle idee.