Renzi mette le mani avanti: «Anche se FI vota il Jobs Act non ci saranno larghe intese»
Non sono solo folle plaudenti all’arrivo di Renzi nelle città italiane. Cominciano a essere, dopo sette mesi di inconcludenza al governo, anche fischi e lancio di uova. Così a Ferrara, dove una contestazione con cartelli e fischietti ha accolto il premier al suo arrivo sul palco del Festival di Internazionale. Un gruppetto di una trentina di manifestanti ha urlato: «Vai a casa, buffone». Non è, questo, un buon momento per il premier, e lo si capisce anche da quello che dice a proposito del passaggio parlamentare del Jobs Act e di un eventuale voto a favore di FI. Renzi mette subito le mani avanti rispondendo a una precisa domanda sullo scottante argomento: «Non accadrà ciò che lei ha immaginato e se ciò accadesse questo non porterebbe a un nuovo governo di larghe intese. Ma non accadrà». L’opotesi che un eventuale “soccorso azzurro” non è nemmeno contemplata. Scaramanzia?
Per il resto il premier cerca di compensare la polemica con la vecchia guardia del Pd con alcuni temi cari alla sinistra, come la cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione. «Il governo – dice – punta ad introdurre in Italia uno ius soli temperato, ovvero un diritto cittadinanza che arriva prima dei 18 anni a condizione che si sia frequentato un ciclo scolastico». Poi ribadisce che incontrerà i sindacati. «Mi hanno detto: tu non li vuoi incontrare . Li incontro: bene al confronto su legge sulla rappresentanza sindacale e sui contratti legati al territorio».
Alla fine però non si trattiene e ricomincia a martellare la vecchia sinistra. «Quando la sinistra insegue i fantasmi di una certa cultura radical chic è condannata a perdere le elezioni». Significativo è anche quello che dice a proposito dell’antiberlusconismo. «L’idea di avere un nemico che va sempre agitato prima dell’uso, è un’idea di sinistra che non mi appartiene. Io voglio restituire un’Italia più credibile di quelli di chi, parlando male di Berlusconi, hanno consegnato l’Italia a Berlusconi per vent’anni». E anche a proposito della responsabilità civile dei magistrati dice cose urticanti: «Sacrosanto che chi sbaglia paghi». Infine, con falasa umiltà, afferma: «Nei primi sette mesi di errori ne ho fatti tanti. Per esempio non essere stato in grado di mostrare come la concretezza dell’azione di governo è molto superiore agli annunci». Dove però sia questa “concretezza” solo lui lo sa.