Pd: la minoranza dà forfait alla Leopolda per sfilare in corteo con la Cgil contro il governo

21 Ott 2014 13:08 - di Redazione

Da una parte la storica piazza San Giovanni, tempio dei sindacati, dall’altra la stazione fiorentina della Leopolda che ha dato i natali alla rottamazione renziana: sabato prossimo si sfideranno a distanza due modelli di sinistra sempre più incompatibili e distanti. Dietro l’apparente unanimismo e i voti di fiducia con il naso turato si nasconde una vera e guerra fredda ai piani alti del Nazareno: il continuo braccio di ferro tra Matteo Renzi e la minoranza dem è uscito allo scoperto con il ruvido scambio di battute tra il premier-segretario e Gianni Cuperlo, che ha accusato il primo di voler fare della Leopolda, che si aprirà venerdì, il battesimo di un partito parallelo che rischia di svuotare il Pd, già stretto in un cul de sac tra la storica emorragia di tesseramenti e la progressiva perdita di missione politica neutralizzata dall’agenda renziana sempre più velata di liberismo. Le rassicurazioni e l’ecumenismo di Renzi non bastano più a tenere insieme tutte le tessere del mosaico della sinistra. «Mai e poi mai ci sarà sul territorio la costruzione di una organizzazione parallela», ha giurato offrendo ai compagni “che sbagliano” lezioni di nuovi modelli di partecipazione aperta per uscire dalla logica del partito tradizionale: Matteo guarda ai milioni di elettori che gli hanno dato fiducia e non agli iscritti che sbattono la porta e ai militanti in fuga dai quali è distante anni luce.
Una conferma della “vocazione maggioritaria” che ispira il nuovo corso arriva con due sintomatiche new entry nel Pd: l’ex bertinottiano ed ex  Sel Gennaro Migliore e Andrea Romano, rappresentante dell’area di Scelta Civica che guarda a sinistra. «Renzi fa quello che non è riuscito a D’Alema – spiega la sua adesione Romano – indica il modello del New Labour di Blair, quella “grande tenda” nella quale ospitare i valori e il ceto politico liberale». Una marmellata indigesta per la minoranza bersaniana che sceglie di stare orgogliosamente e “fisicamente” dall’altra parte della barricata, con i sindacati, con la difesa dell’articolo 18, con gli operai, con i sacri totem di sempre. Sabato la spaccatura sarà evidente con la «convinta» partecipazione dei massimi esponenti della minoranza dem alla manifestazione promossa dalla Cigl contro il Jobs Act e le politiche del governo. Dagli ex sfidanti di Renzi alle primarie, Gianni Cuperlo e Pippo Civati, a Stefano Fassina passando per Walter Tocci, al quale il premier ha chiesto di ritirare le dimissioni da senatore. Non ci sarà invece Bersani che preferisce fare il tifo da casa alla grande mobilitazione di piazza di Susanna Camusso che punta al milione di persone.
La sfida è lanciata. Renzi, dal suo canto, esprime «profondo rispetto» per la piazza di sabato e invita i malpancisti a partecipare alla Leopolda invece di sabotare. «Sarà uno straordinario spazio di libertà e bellezza. Un’occasione. Veniteci!».

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