Omicidio Musy, colpo di scena al processo: spunta lo 007 che era con lui in cella

13 Ott 2014 20:32 - di Redazione

Spunta anche un ex 007 nel giallo dell’omicidio del consigliere comunale torinese Alberto Musy. A dare la possibile svolta al processo contro Francesco Furchì, accusato di essere l’uomo col casco che il 21 marzo 2012 sparò cinque colpi contro il capogruppo dell’Udc, che morì 19 mesi dopo, è la testimonianza di Pietro Altana, ex-collaboratore dei servizi segreti che, dopo essere stato arrestato per ricettazione, è stato compagno di cella dell’imputato.
Furchì gli avrebbe indicato un capanno in un orto sotto cui sarebbe stata sepolta «una sua pistola». Il luogo è stato scoperto giovedì scorso dalla polizia nel corso di una perquisizione e corrisponde alla descrizione, ma l’arma non è stata trovata.
Altana, che adesso è ai domiciliari, è stato convocato in Corte d’Assise su richiesta del pm Roberto Furlan e ha ricostruito la sua vita in comune con Furchì.
Il rapporto, con il passare del tempo, si deteriorò al punto che, all’inizio di settembre, lo 007 sarebbe stato preso a pugni e minacciato con una frase rivelatrice: «ti faccio fare la fine che ho fatto fare a Musy».
All’origine dei litigi ci sarebbero delle richieste di favori un po’ troppo impegnativi, come violare le caselle di posta elettronica dell’ex-procuratore Gian Carlo Caselli, del pm Furlan, dell’ex-moglie, persino dei suoi avvocati Giancarlo Pittelli e Mariarosaria Ferrara.
A dividere Furchì e Altana sarebbero anche cinque lettere di presentazione che l’ex-agente segreto avrebbe avuto dall’imputato, portandole fuori dal carcere e consegnandole alla Procura..
In una di queste è indicato come personaggio di assoluta fiducia dell’imputato Felice Filippis, già ascoltato come teste d’accusa.
Il ruolo di quest’ultimo, alla luce delle deposizioni di Altana, cambierebbe completamente.
«Furchì mi ha raccontato – ha detto l’ex-007 – che una pistola di sua proprietà è stata collocata in un’intercapedine ricavata nell’orto di un casolare di Filippis. Qui, mi spiegò, avremmo potuto nascondere il denaro sottratto ad altri mediante la violazione di sistemi informatici e il riciclaggio tramite suoi conoscenti influenti».
Il luogo esiste, a Caselle Torinese, cittadina in cui risiedeva Furchì prima dell’arresto. Ma della pistola nessuna traccia. Il prossimo 28 ottobre in aula verrà ascoltato proprio Filippis. La Corte ha disposto che venga accompagnato da un avvocato, in quanto la sua posizione potrebbe mutare da teste a indagato.

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