La crisi fa paura e le culle restano vuote: in Italia è allarme, anche sulla natalità siamo gli ultimi in Europa

1 Ott 2014 18:53 - di Redazione

Mai così pochi neonati in Italia, complice anche la crisi economica. In un solo anno – dal 2012 al 2013 – i fiocchi rosa e azzurri sono stati infatti circa 24mila in meno: come se all’improvviso scomparisse un’intera piccola cittadina. E con una media di 8,5 nati per mille abitanti, il nostro Paese ha raggiunto il fondo della classifica europea per il numero di nuovi bebè. A dirlo sono gli ultimi dati presentati da Censis e Fondazione Ibsa, ma l’allarme arriva anche dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin che, proprio per combattere l’attuale “inverno demografico”, ha messo in campo un Piano per promuovere la fertilità. I dati non lasciano dubbi: dall’inizio della crisi, l’Italia ha “perso” oltre 62mila nuovi nati l’anno, con i motivi economici che, almeno nella percezione degli italiani, sono la causa principale del fenomeno. Secondo il rapporto “Diventare genitori oggi”, realizzato da Censis e fondazione Ibsa, si è passati dai quasi 577mila nuovi nati del 2008 ai poco più di 514mila del 2013, il valore più basso da quando si fanno le rilevazioni. L’indagine punta il dito anche sull’insufficienza delle politiche pubbliche a sostegno della famiglia: il 61 per cento degli italiani è convinto che le coppie sarebbero più propense ad avere figli se migliorassero gli interventi pubblici. Ma se la crisi pesa molto, anche l’infertilità spiega l’attuale “vuoto” delle culle. Eppure, più di metà degli italiani non conosce i problemi legati all’infertilità, mentre per chi deve affrontare queste patologie la difficoltà principale resta di tipo economico. Dell’infertilità, si legge nel Rapporto, il 45% degli italiani ammette di sapere poco e un ulteriore 15 per cento afferma di non essere per nulla informato. Da qui l’avvio di un tavolo sulla fertilità, formato da ventisei membri con varie specializzazioni, che dovrebbe arrivare alla stesura di un primo documento di indirizzo entro sei mesi. Tanti i “nodi” che verranno trattati, dalla prevenzione alla procreazione medicalmente assistita, dalla formazione dei medici alle campagne di educazione per i cittadini e gli studenti. «Non si vuole obbligare nessuno ad avere figli – ha chiarito Lorenzin – ma, piuttosto, il fine è dare informazioni corrette ai cittadini perché possano programmare la genitorialità come scelta consapevole». Si tratta dunque di un lavoro, ha tenuto a precisare il ministro, «totalmente deideologizzato; l’obiettivo è invece un’indagine scientifica per fornire strumenti operativi alle famiglie e agli operatori sanitari». Il piano, ha aggiunto, coinvolgerà anche altri dicasteri come quello dell’Istruzione e dell’Economia poiché, ha ricordato Lorenzin, «accanto al problema dell’infertilità vi è anche un problema di sostenibilità previdenziale, sanitaria ed economica». Ma un ruolo fondamentale è pure quello ricoperto dagli operatori sanitari: «Come medici – ha rilevato la presidente del tavolo, la ginecologa Eleonora Porcu dell’Università di Bologna – dobbiamo rendere autonomi i cittadini nel gestire la propria fertilità, ma è anche necessario rispondere all’esigenza formativa esistente nella stessa classe medica, poiché il medico di base rappresenta il primo riferimento per le famiglie».

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