La Coldiretti: «Il 61% dei disoccupati è disposto ad accettare un lavoro dalla criminalità»
Dalle mozzarelle ai terreni agricoli, dai ristoranti all’autotrasporto, il business dell’agromafia fattura in Italia circa 14 miliardi di euro, trovando terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi e manovalanza facile da chi ha bisogno di soldi. Difatti il 61 per cento dei disoccupati è disposto ad accettare un posto di lavoro in un’attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro, mentre quasi uno su dieci (l’8 per cento) è pronto anche a commettere reati.
E’ quanto sostiene la Coldiretti che, al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio, ha presentato un’indagine sul prezzo dell’illegalità.
«Non solo le agromafie si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta – sostiene la Coldiretti – ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy».
«La criminalità – sottolinea Coldiretti che ha intanto promosso la Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” – controlla in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione di molti prodotti. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli – aggiunge Coldiretti -, le agromafie si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale».
«E il problema -conclude la Coldiretti – non è confinato nel Sud tanto che l’84 per cento degli italiani ritiene ormai che la criminalità organizzata sia diffusa su tutto il territorio, rispetto ad una minoranza del 13 per cento che la localizza nel Mezzogiorn».
Peraltro con la crisi è allarme a tavola per le frodi che colpiscono dallo spumante contraffatto del tenore Bocelli, fino alle finte cotiche di prosciutto di Parma accompagnate ai fagioli.
Dal 2008 al 2014 si è raggiunto l’ incremento record del 277 per cento in valore di cibi e bevande sequestrate perché adulterate, contraffate o falsificate.
Nei primi nove mesi del 2014 sono stati sequestrati beni e prodotti per un valore di 318,7 milioni di euro soprattutto con riferimento a carne (29 per cento), farine pane e pasta (16 per cento), latte e derivati (12 per cento), prodotti ittici (9 per cento), ma anche in misura rilevante alla ristorazione (15 per cento) dove, per risparmiare, si diffonde l’utilizzo di ingredienti low cost.