Flash Gordon compie 80 anni. De Turris: «Troppo di destra? Come tutti gli eroi, da sempre»

14 Ott 2014 13:18 - di Priscilla Del Ninno

Il Tempo dedica una pagina a Flash Gordon, eroe a detta del quotidiano poco celebrato in quanto troppo di destra. I motivi? È nato fumettisticamente il 7 gennaio del 1934, il periodo del «consenso alle dittature» – specie americano – poi contraddetto dal cambio di fronte degli anni successivi. E ancora: il suo ideal tipo, alto e biondo, con mente e muscoli umani, ma che protendono al divino, richiamerebbe troppo da vicino il superuomo di Nietzsche. E poi, decisamente politically scorrect: nel suo panorama fantasy non è mai menzionato un personaggio di colore, e il cattivo storico, Ming, un mandarino cinese incarna perfettamente il nemico di turno, ma solo fino a prima che «Nixon stringesse la mano a Mao». Ma davvero Flash Gordon è stato snobbato e ghettizzato dalla critica radical chic di sinistra perché troppo di destra per essere considerato un eroe da serie A? Per essere emblema di valori troppo conservatori e dunque «diseducativo»? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco De Turris, giornalista e scrittore esperto di fantasy e fantascienza.

Che senso ha rileggere retrospettivamente la figura di Flash Gordon. O meglio: quanto creato e ambientato ormai anni luce fa, in un’era culturale molto distante dalla realtà politico-sociale attuale? 

Potrebbe avere il senso della forzatura e della provocazione culturale, sempre utili al dibattito. Personalmente però non considero Flash Gordon un eroe dimenticato e trascurato. Premesso ciò, va anche detto poi che tutti gli “eroi”, a cominciare da quelli antichissimi, possono essere ideologizzati e considerati “di destra”: bisogna vedere poi a cosa ci riferiamo con queste definizioni. Tutti gli eroi hanno determinate caratteristiche millenarie: allora, accanto a Flash Gordon, potremmo mettere anche altri protagonisti dei fumetti degli anni Trenta, non necessariamente personaggi di fantascienza, ma anche quelli polizieschi o quelli tipici della letteratura popolare: hanno tutti in comune la volontà di combattere il male; hanno come valore di riferimento la parola data, la difesa dei più deboli, il coraggio. Voglio dire che il cliché dell’eroe è da sempre lo stesso: la differenza è che oggi tutte queste peculiarità vengono denegate, in favore di compensazioni autoriali che obbligano alla presenza di una donna accanto all’eroe di turno, di un personaggio di colore, e altro ancora. Fino alla degenerazione esegetica per cui si è arrivati a parlare di omosessualità latente nel rapporto tra Batman e Robin, come a screditare il rapporto di sudditanza tra Lothar e Mandrake: è una fissazione della modernità quella di rileggere freudianamente le dinamiche relazionali tra i vari protagonisti di un fumetto, o di un racconto.

E come valuta quindi le caratteristiche fantasy, ma anche fisiche, che ascriverebbero a destra l’eroe Flash Gordon?

Flash Gordon non è Superman, non ha super-poteri: è un uomo normale con delle caratteristiche peculiari di volontà, filosofiche, non necessariamente nietzschiane: io non credo proprio che Alex Raymond avesse in mente questo parallelo. Molto più probabile che voleva semplicemente descrivere un eroe classico alle prese però con nemici, difficoltà e ambienti, del futuro. Lo stesso potremmo dirlo per Buck Rogers, e altri ancora.

Quindi non condivide neppure che sia stato considerato dalla critica di settore un eroe di secondo piano perché emblema di valori e simboli troppo conservatori?

Questa lettura a posteriori mi sembra un po’ una forzatura. Certo, personaggi di questo tipo erano visti con un certo sospetto in quanto rappresentavano la versione “moderna”, appunto fumetizzata, del prototipo eroe. Un archetipo che funge da sprone per il futuro, ma che magari incarna valori che bisogna vedere se ancora funzionali al contesto in cui operano o, se superati, perché sostituiti da altri valori. Basti pensare alla rivisitazione cinematografica di molti eroi della Marvel, da Superman a Batman, rimodulati da Hollywood sulla base delle nuove esigenze “sociali”, per capire quanto è plastica – e suscettibile – la materia di cui stiamo parlando.

 

 

 

 

 

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