Fiducia al buio. Ed è giallo sull’articolo 18. Il governo “chiarisce”: non è citato ma c’è…

8 Ott 2014 12:57 - di Romana Fabiani

Il destino controverso dell’articolo 18 si tinge di giallo e conferma lo zigzagare di Renzi che, come gli contestano anche in casa, preferisce la fretta alla chiarezza. A poche ore dal voto di fiducia sul Jobs Act il caos regna sovrano sui contenuti dell’emendamento del governo alla riforma del mercato del lavoro mentre il ministro Boschi continua ad assicurare ogni mezz’ora che il testo è pronto. Si assiste dunque a una nuova capriola di Palazzo Chigi che conferma la vocazione del premier ad aggiustare il tiro in corso d’opera e ad avocare a sé le decisioni. Dopo il fallimento del dialogo con la Cgil, alla vigilia del voto al Senato, infatti il governo sembrava deciso ad escludere dal provvedimento in votazione la voce licenziamenti rinviandola ai decreti attuativi per tenersi le mani libere e neutralizzare le estenuanti polemiche di queste settimane. Le misure del provvedimento dovrebbero contenere, ma il condizionale è d’obbligo, gli incentivi per i contratti a tempo indeterminato e il limite ai demansionamenti senza nessun riferimento all’articolo 18, almeno stando al pacchetto di otto pagine che martedì sera hanno avuto il via libera dalla Regioneria. Una nota di Palazzo Chigi invece ha poi annunciato che il voto sulla fiducia al Jobs Act riguarda “evidentemente” l’articolo, contrariamente a quanto riportato da notizie di stampa. Ma il testo della nota è ambiguo. «La delega – si dice – attribuisce al governo il dovere di superare l’attuale sistema e il presidente del Consiglio ha indicato con chiarezza la direzione. Che la delega sul lavoro riguardi l’articolo 18 lo si è spiegato per mesi ovunque: chi vota la fiducia al testo vota la fiducia al presidente del Consiglio e al governo, che sostengono la necessità di riformare l’intero mercato del lavoro, come è esplicitato nella delega. In quanto delega, si sottolinea infine, non può che avere la portata definita dal testo normato». Oltre a blindare la riforma ricorrendo alla fiducia “prendere o lasciare”, Renzi di fatto chiede ai senatori un voto al buio, una delega in bianco ai limiti della costituzionalità. «Continua la recita. Il Senato dibatte senza conoscere il testo finale su cui il governo porrà la fiducia – commenta il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri – si mette la fiducia su una legge delega, prassi molto discutibile, che poi dovrà essere esaminata dalla Camera per poi attendere per mesi i decreti attuativi».
Anche da sinistra piovono critiche al colpo di mano del rottamatore. Rosy Bindi accusa il governo di violare la Costituzione («l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti») e di aver aperto un confitto nel Paese sul tema dei diritti dei lavoratori invece che affrontare le questioni di come combattere la disoccupazione e stimolare la crescita. «Ma se la delega non cita l’articolo 18, come farà il governo a “decretare” sull’articolo 18? – scrive Pippo Civati sul suo blog – prima di presentare emendamenti (che non emendano granché) e di mettere la fiducia su una legge delega vaga e imprecisa, varrebbe la pena di rileggersi l’articolo 76 della Costituzione (e magari anche l’articolo 77). Ma tanto non è importante essere ma apparire».

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