Fecondazione eterologa, a Firenze il primo caso in un ospedale pubblico

14 Ott 2014 14:37 - di Redazione

Dalla Toscana arriva la prima fecondazione eterologa realizzata in un ospedale pubblico, una scelta destinata a suscitare polemiche sul terreno minato dei confini della procreazione medicalmente assistita che continua a dividere l’opinione pubblica e la comunità scientifica. L’intervento, il primo caso in Italia in una struttura pubblica, è stato realizzato nell’ospedale di Careggi di Firenze con gameti maschili acquisiti in una banca del seme europea. La Regione Toscana era stata la prima a muoversi dopo la sentenza della Consulta che ha annullato il divieto della fecondazione eterologa contenuto nella legge 40. «È un trattamento che dura pochissimo e non cruento, praticato in day hospital», ha spiegato la direttrice sanitaria Maria Teresa Mechi che ha annunciato che nei prossimi giorni verrà eseguito un nuovo trattamento su una seconda coppia con gameti di un diverso donatore che dovrà avere caratteristiche fisiche compatibili con quelle della coppia. Il seme utilizzato per il primo intervento – spiega ancora la direttrice sanitaria – è stato acquisito, in quantità limitata e comunque necessaria a garantire al massimo 3-4 trattamenti, da un istituto europeo, una banca del seme, accreditato ed autorizzato. In questa fase sono state corrisposte le sole spese di trasporto. «Qui a Careggi – ha aggiunto – era già presente un centro dedicato per la fecondazione omologa. I nostri professionisti compongono un team multidisciplinare e hanno collaborato alla costituzione delle linee guida a livello nazionale. È stato possibile avviare questo percorso proprio perché avevamo qui competenze adeguate. Negli ultimi mesi si è andato a definire il quadro, rispetto a questioni come il consenso informato e gli aspetti giuridici». Dalla prossima settimana  l’ospedale di Careggi consentirà anche l’attività di donazione di gameti maschili e femminili per la fecondazione eterologa. «Ci sarà quindi la possibilità di reperimento in loco attraverso la donazione– ha specificato Maria Teresa Mechi – mentre in parallelo rimane il ricorso alle banche del seme per poter assicurare «sempre una risposta adeguata alla domanda».

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