Tv: dopo dieci anni finalmente la sinistra rende merito alla legge Gasparri

25 Set 2014 20:30 - di Guglielmo Federici

«A dieci anni di distanza la legge Gasparri presenta alcune positività, ma va aggiornata perché 10 anni nel settore delle telecomunicazioni sono tanti». Non crediamo alle nostre orecchie, dopo anni di demonizzazioni, ascoltare un esponente del Pd, il vice presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Salvatore Margiotta, parlare in termini obiettivi della riorganizzazione del servizio pubblico che porta la firma del vicepresidente del Senato. Insomma, a giudicare da questo giudizio espresso al convegno romano Fare il futuro – a 10 anni dalla legge Gasparri come cambia la tv, organizzato da Italia Protagonista al Senato, la sfida del futuro, quindi, parte dal rafforzamento e dall’aggiornamento della “famigerata” Legge Gasparri. Dieci anni non sono pochi, ma comunque l’onestà intellettuale non ha età e non scade. È sempre e comunque apprezzabile ragionare con equilibrio e senza approcci ideologici. «L’aggiornamento – spiega Margiotta – deve essere fatto nel senso di consentire le grandi sfide con i giganti che adesso si affacciano sul settore. Ha ragione Gasparri quando dice che con questa legge si temeva il gigantismo, invece oggi rischiamo di avere un sistema italiano nano rispetto alle sfide in corso. La prossima legge che faremo  dovrà consentire di abbracciare queste sfide». Margiotta rende onore al merito. «In commissione Vigilanza abbiamo ben lavorato sul contratto di servizio – dice – chiederemo poi al sottosegretario quali saranno i tempi per l’approvazione. Merito della legge Gasparri è stato quello di rivedere complessivamente la partita radiotv nel più ampio capitolo del sistema delle telecomunicazioni. Riusciremo a fare altrettanto? Nel riformare la Rai, non mi limiterei sui termini della concessione. Sono convinto che non si può riformare la Rai senza guardare all’intero sistema delle telecomunicazioni. Serve una legge per lavorare ad armi pari con i giganti».

È indubbio che la legge 112 del 2004 ha rivoluzionato l’assetto del sistema radio-tv italiano. Il passaggio tecnologico dall’analogico al digitale ha garantito una fruizione di alta qualità dell’immagine e del suono. Un’innovazione che ha avuto effetti positivi anche sull’offerta, con la moltiplicazione dei canali a garanzia del pluralismo. A fare il punto ci sono un po’ tutti gli attori principali, da Fedele Confalonieri presidente Mediaset, a Luigi Gubitosi, direttore generale Rai, da Urbano Cairo, presidente La7, ad Andrea Zappia, a.d. Sky, da Antonio Verro e Antonio Pilati, consiglieri d’amministrazione Rai, a Rodolfo De Laurentis, presidente Confindustria Radio Tv, A Franco Siddi, segretario della Fnsi che contesta la legge ( «La Rai è stata messa più di ieri sotto il controllo dei partiti e dei governi») Gasparri risponde che oggi «la prima emergenza è un maggiore equilibrio tra realtà consolidate e realtà emergenti tecnologicamente. Tutto il sistema deve pretendere regole più equilibrate per il web e per gli over the top:  il vero problema è fare delle regole che non consentano a chi saccheggia contenuti altrui di farlo liberamente. I giornalisti – aggiunge – sono i primi depredati e i giornali sono le prime barriere che rischiano di cadere. Non è questione di fermare il progresso, ma di mettere un po’ di equilibrio. Le tv, ad esempio, hanno limiti: la concentrazione, i minori, il pluralismo. Lì sul web non c’è nessuna regola». Certamento qualcosa cambierà. «Deve esserci un’evoluzione, sicuramente, però – si domanda Gasparri – chi sarà l’editore? O la Rai si privatizza e la mia legge comprende norme inapplicate che potrebbero farne una public company tipo Enel o Eni. Oppure si potrà procedere a un rapporto equilibrato con il Parlamento, con una minore invadenza della politica. Anche se il Parlamento rappresenta la democrazia e non va inteso come partiti che si spartiscono la torta».

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