Tre classi di soli bambini italiani in una scuola elementare. Che scandalo!
Italia a rovescio. Un intero paese è a rumore perché in una scuola tre classi di prima elementare sono composte – pensate un po’ – solo da bambini italiani. Il caso è paradossale. A Pratola Peligna in provincia dell’Aquila, l’italianissima cittadina dei confetti con la mandorla, qualcuno ha perso il senno. Qualcosa non quadra nelle parole del sindaco, Antonio De Crescentis, che ha accompagnato il dirigente dell’istituto comprensivo “Tedeschi” nel suo giro di benvenuto ai bambini. Tre classi di tutti bimbi italiani, pensate che disgrazia, si parla di sorteggio pilotato, si dà la caccia ai genitori razzisti che avrebbero tramato per formare classi di pura razza italica… Roba da ridere. «Faremo di tutto per capire se c’è qualcosa che cova e, in quel caso, quali sono i responsabili di un episodio che é stato stigmatizzato dagli stessi miei concittadini e non rientra nella cultura di un paese che ha sempre favorito l’integrazione razziale». Tutto bene, l’integrazione e la cultura dell’accoglienza, quando serve va incoraggita. Ma, visto che siamo in Italia, è sensato fare una tragedia perché, molto comprensibilmente e per una mera questione quantitativa, si formano tre classi con soli italiani? Perché pensare a un agguato, a una manovra surrettizia? Il sindaco ha continuato nel suo delirio: «La nostra ottica è sempre stata quella di un’integrazione uniforme – ha aggiunto – in un piccolo comune dove su settemila residenti 600 hanno origini extracomunitarie». Le proteste di numerosi genitori per tre classi di prime elementare formate, in un primo momento, solo da bambini nati in famiglie italiane, erano nate proprio dall’esigenza di un’integrazione il più uniforme possibile». Siamo addirittura all’autoflagellazione: «Noi non siamo un paese razzista: qui, da sempre, l’integrazione è stata favorita – ha detto la mamma di un’alunna . Se ci sono pratolani che pensano che esistano famiglie di serie A e altre di serie B escano allo scoperto». Insomma, si apre la caccia contro quei razzisti che hanno osato formato una classe di soli bambini italiani in un paese italiano. Chissà come mai lo stesso problema non viene avvertito con la stessa sensibilità quando si verifica la circostanza opposta, ossia quando pochi bambini italiani si trovano in classe con una maggioranza di bambini stranieri? Casi molto frequenti in cui il disagio non sta nei bambini ma negli adulti e nei docenti incapaci di trovare risorse interne agli istituti, maestri di lingua, insegnanti di sostegno in grado di comunicare e far comunicare i ragazzi di paesi diversi. Il dibattito allora naufraga su elementi esteriori – crocefisso sì crocefisso no, presepe sì presepe no, poesia di Natale sì o no. Si può ridurre a questo una cultura dell’integrazione nelle scuole italiane? Allora un po’ di buon senso, sindaco, pensi a cose più serie.