Storace e il reato di vilipendio, l’appello di Feltri: via quella norma incivile

23 Set 2014 11:55 - di Redazione

Francesco Storace rischia il carcere per vilipendio al Capo dello Stato. La vicenda risale al 2007, quando l’ex presidente della Regione Lazio e leader della Destra con una battuta definì “indegno” Giorgio Napolitano. Il caso scoppiò dopo lo sfogo di Storace contro i senatori a vita che con i loro voti tenevano in piedi l’instabile governo Prodi che aveva al Senato una maggioranza risicata. Scoppiò la polemica. Storace puntò il dito contro il premio Nobel e senatore a vita Rita Levi Montalcini definendola “stampella”. Parole che irritarono Napolitano: «Mancare di rispetto, tentare di intimidire la professoressa Rita Levi Montalcini, che ha fatto tanto onore all’Italia, è semplicemente indegno». Storace replicò dando dell’indegno al presidente della Repubblica. Fu immediatamente denunciato per vilipendio, reato punito con una pena da uno a cinque anni. L’allora ministro della giustizia Clemente Mastella autorizzò il procedimento penale. Ora il prossimo 21 ottobre l’ex ministro della Sanità sarà processato e  se verrà condannato con una pena superiore ai due anni, anche nei suoi confronti scatterà la legge Severino, in base alla quale il condannato sarà estromesso dai pubblici uffici e non sarà quindi più candidabile. Situazione fotocopia rispetto a quella di Silvio Berlusconi. Una vicenda che  Vittorio Feltri sul Giornale ha definito assurdaIn un editoriale, dal titolo «Assurdo vilipendio. Storace rischia cinque anni per una battuta su Napolitano». Feltri  premette anche che Storace «vecchio fascistone, ex portavoce di Gianfranco Fini ai tempi in cui anche questi era un fascistone, è un amico caro». Ma ha sottolineato che l’articolo  lo avrebbe scritto lo stesso anche se Storace gli fosse stato antipatico, «perché è vittima  di una clamorosa e insopportabile ingiustizia. Basti pensare che  rischia di finire in galera per una bischerata ovvero un reato che tale non è, se valutato secondo logica e alla luce degli attuali orientamenti del diritto». Dai fatti, ha scritto ancora, sono trascorsi ben sette anni. «Tutti ce ne eravamo dimenticati, convinti che una cretinata simile non potesse che essere stata archiviata. Invece no. Se le bugie hanno le gambe corte, ahimè le schifezze le hanno lunghe e tra un mese il camerata Storace sarà processato… Solo un Paese ubriaco o comunque rimbambito mantiene in vita una norma del genere, e in effetti stiamo parlando dell’Italia dove i ladri più famosi e gli assassini più feroci la fanno franca, ma se uno dice che il presidente è indegno viene trascinato nelle patrie galere». Feltri ha ricordato altresì che Storace  dopo l’incidente, incontrò Napolitano con il quale si riappacificò. Una stretta di mano e amen. Peraltro, Storace «è deciso, se sarà condannato a non ricorrere in appello e a farsi ingabbiare».  In attesa del verdetto «non resta che scagliarsi  contro il potere legislativo il quale non ha mai abrogato i reati di opinione ossia quelli che non esistono in nessun Paese democratico tranne il nostro».

In difesa di Storace è sceso in campo anche il centrodestra. «Nessuna opinione politica sia punita penalmente o con decadenza da ruoli elettivi. Napolitano difenda libertà e chiuda il caso Storace», ha scritto su twitter il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Fabrizio Cicchitto, dal canto suo ha scritto: «Agli smemorati ricordiamo: Storace rischia 5 anni di galera per un reato di opinione. Auspicabile intervento legislativo prima di sentenza a ottobre». A ricordare gli interventi in suo favore è stato lo stesso Storace: «Tutto tace, tranne pochissimi. Gasparri, il più attivo di tutti, ha presentato un disegno di legge per abrogare il reato. Si sono mossi con solidarietà varie La Russa – pure lui con la proposta di legge – Giachetti del Pd, Smeriglio di Sel, Capezzone di Forza Italia, Cicchitto di Ncd e anche Gianfranco Fini. Spero nell’assoluzione. Ma se il giudice mi condanna, non voglio benefici di legge e mi presento al carcere. Se in questo paese si può andare in galera per una parola di contestazione a Napolitano, se ne devono accorgere tutti».

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