Rischiano la chiusura 27 centri per minori abusati: «Il governo ci abbandona»
Quasi una trentina di servizi e centri specializzati in terapia e supporto per bimbi vittime di abusi sessuali vanno incontro a chiusura, con la prospettiva di lasciare i minori senza assistenza. “Non riceviamo più fondi da cinque mesi. I bambini vittime di abusi che abbiamo curato fino ad ora, si troveranno, presto, dall’oggi al domani senza più sostegno. Di fatto, non intervenendo, il governo li abbandona”. E’ la denuncia che arriva da Ugo Sabatello, direttore del Sacrai (Servizio Assistenza, Cura e Ricerca sull’Abuso Infantile) del policlinico Umberto I di Roma. Ma, ad andare incontro a sospensione o, nel migliore dei casi, a un forte ridimensionamento, sono in tutto ben 27 progetti avviati in diverse Regioni d’Italia grazie al bando messo a disposizione nel 2012 dal Dipartimento delle Pari opportunità, ma oggi scaduto e non rinnovato. “Con soli 93.000 euro – spiega Sabatello – abbiamo seguito in un anno e mezzo circa cinquanta minori da 6 a 14 anni, che ci venivano segnalati da strutture pubbliche, grazie a un pool di dieci professionisti, tra cui psicoterapeuti, psicologi, neuropsichiatri infantili e avvocati. Da maggio – prosegue – lavoriamo gratis e già ora abbiamo ridotto di molto l’attività. Ci limitiamo a continuare a seguire chi è già in cura”.
Dalla Lombardia alla Sardegna, dal Veneto al Molise, la storia è la stessa. “Con la nostra equipe multidisciplinare siamo diventati un punto di riferimento terapeutico specializzato per tutta la provincia di Campobasso, ma rischiamo di lasciare il lavoro iniziato sui bambini a metà strada, con tutti i danni psicologici e sociali che questo comporta”, spiega Lino Iamele, del centro di Valutazione, Ascolto e Trattamento dei Minori vittime d’Abuso (Vatma) di Termoli. Il Comune di Perugia invece, insieme alla Asl 1 Umbria (distretto del Perugino), con i 120.000 euro del bando, ha avviato il Progetto Integrato Unità Multidisciplinare Abuso (Piuma). “Abbiamo creato”, spiega Francesca Ciammarughi, psicologa Asl e coordinatrice del gruppo di lavoro – uno ‘spazio neutro’, in cui poter far incontrare i minori con i genitori cui è stata limitata la patria potestà, nella visione di un recupero della relazione, laddove compromessa. Ma anche uno ‘spazio audizioni’, dove i bimbi possono essere ascoltati dall’autorità giudiziaria nel corso del processo, ovvero luoghi adatti a loro ma dotati di strumentazione per la videoregistrazione delle testimonianze. In entrambi i casi – aggiunge – il finanziamento ha permesso la sperimentazione di un modello di lavoro integrato multidisciplinare e anche di molta formazione”. Anche qui il rischio è che tutto finisca. Nessuna risposta dalle istituzioni – lamenta Sabatello – “Abbiamo provato, senza successo, a contattare il Dipartimento delle Pari Opportunità e il ministero della Salute. Ci siamo rivolti ad enti locali, ma anche al privato, a fondazioni e banche con lo stesso risultato”. Il tema – conclude – “interessa solo quando riempie le prime pagine dei giornali ma non quando si tratta di sostenere i servizi che se ne occupano”.