Renzi che parla in inglese? Ma ci faccia il piacere… Lo dice pure la sua “ministra” Giannini
Come giudica l’inglese di Matteo Renzi? Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, ospite ad un Giorno da pecora, su Rai Radio2, ha risposto alla provocazione dei conduttori, che le avevano chiesto un giudizio sull’inglese del nostro premier, dando un voto “scolastico” a Matteo Renzi. «Se devo fare la professoressa, allora io giudico Renzi come uno scolaro, e per il suo inglese gli do un sei meno. Diciamo che sarebbe promosso con molta raccomandazione». È un bacchettata doppia quella che è arrivata al premier. Perché la Giannini, oltre a essere ministro dell’Istruzione, ricopriva anche l’incarico, prima di buttarsi in politica, di rettrice dell’Università per stranieri di Perugia e quindi di lingue estere se ne intende davvero. Dopo l’estate sbarazzina in topless, ha ripreso ora la matita rossa dell’insegnante e ha fatto la sua prima tirannia d’orecchie proprio al premier, il quale sarà anche un campione di battute e di salaci tweet, ma nella pronuncia dell’inglese zoppica come uno scolaro somarello. Tant’è che i suoi interventi nei vertici internazionali hanno fatto il giro del web suscitando l’ilarità degli utenti della rete. Esilarante fu anche quando, per indicare il Mediterraneo, se ne uscì con l’espressione “Our Sea” davanti a un attonito Obama durante la visita ufficiale del presidente Usa in Italia nei mesi scorsi. Vale la pena anche ricordare che l’inquilino della Casa Bianca ripagò la smarronata renziana con un’altra colossale castroneria: fu quando, visitando il Colosseo, paragonò l’antico monumento divenuto simbolo il stesso di Roma più famoso al mondo a uno stadio di baseball. Che volete farci, questo è ormai il livello culturale degli attuali leader della sinistra mondiale. Tornando a Renzi, non c’è dubbio che con quel sei meno, la Giannini abbia perfidamente ostentato indulgenza. Naturalmente, la ministra s’è ben guardata dall’assegnare un voto a Renzi come premier. A ciò hanno già pensato l’Ocse e Standard & Poor’s, assegnando all’Italia il poco invidiabile posto di Paese in recessione. Crescita zero? Zero in condotta per chi l’ha guidata quest’anno, ancorché dopo tante, mirabolanti (e vane) promesse.