Renzi all’Onu parla dell’emergenza climatica mentre a Roma Bersani scatena la tempesta sull’articolo 18

23 Set 2014 20:37 - di Redazione

Tra Ban Ki Moon e Fassina, tra i coniugi Clinton e la coppia Camusso-Landini, tra il re di Giordania e Bersani. Strana la vita di Matteo Renzi: al suo debutto al Palazzo di vetro il premier si vede costretto a giocare su due tavoli asimettrici tra New York e Roma. All’Onu incontra i vertici mondiali, a cominciare dal segretario delle Nazioni unite che elogia l’Italia per l’impegno nella lotta al terrorismo internazionale e all’Ebola, dall’Italia gli risponde il fuoco amico del suo Pd, che minaccia barricate sul jobs act. Renzi, in attesa di intervenire all’assemblea generale delle Nazioni unite, ha tenuto il suo intervento mignon, appena due minuti con tanto di cronometro a scandire il conto alla rovescia: una serie di banalità nel classico stile renziano. «I nostri figli si attendono che il prossimo anno a Parigi si raggiungano accordi vincolanti e globali. L’Italia è pronta a contribuire al fondo Onu nella lotta ai cambiamenti climatici con una dotazione specifica in grado di testimoniare il suo impegno».  Quello di Renzi al summit sui cambiamenti climatici è poco più di uno spot. Le vere grane arrivano da Roma, peggio che l’emergenza climatica, c’è una pioggia torrenziale di dichiarazioni dei suoi compagni di partito. A cominciare dal suo predecessore alla guida del Pd, Pierluigi Bersani. «Dall’entourage di Renzi ora stanno spiegando a me come si sta in un partito, sono appassionati della ditta, fantastico… Ma vorrei spiegare a questi ragazzi che una direzione non è il posto dove prendere o lasciare su quanto già avvenuto – dice l’ex segretario democrat in un’intervista a La 7 – Dove è scritto che il Pd vuole abolire l’articolo 18?». E ancora, incalza Bersani: Renzi ha preso il 40%? «Con il mio 25% Renzi sta governando. Io non ci sono al governo, mi va bene, non chiedo riconoscenza ma rispetto». Su Raiuno, da Porta Porta è invece Stefano Fassina a sparare a palle incatenate contro il suo segretario. «Se Renzi vuole il nostro voto ci deve dire che queste proposte sono quelle di Nuovo Centrodestra e Forza Italia, e che quindi vanno votate perché il Partito democratico è a capo di un governo di larghe intese. Non sono disposto a votare qualcosa che viene fatta passare come una proposta del Pd». Sul piede di guerra anche Gianni Cuperlo: «Una cosa è dirigere il partito, che non è una ditta o una caserma, altra cosa è comandare», attacca l’ex avversario alle primarie. Da Roma a New York: premier avvisato, mezzo salvato.

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