Svolta sui marò: il governo indiano favorevole al rientro di Latorre (se verrà deciso dalla Corte)

8 Set 2014 9:50 - di Sandro Forte

Forse siamo ad una svolta sulla vicenda dei nostri due marò trattenuti da oltre due anni in India, almeno per quanto riguarda Massimiliano Latorre. Il governo indiano infatti si è dichiarato favorevole al suo rientro, per motivi di salute, se in tal senso deciderà la Corte Suprema. Il dubitativo è d’obbligo dato il protrarsi di questa annosa vicenda. La relativa istanza presentata dal team dei legali della difesa, in cui si chiede l’autorizzazione al rimpatrio in Italia di Latorre, è stata esaminata dall’aula n.1 della Corte Suprema indiana. Gli avvocati hanno messo a punto gli ultimi dettagli della presentazione della loro “application”, in cui chiedono appunto il rimpatrio di Latorre per due settimane per motivi di salute dopo l’attacco ischemico subito. Al termine dell’udienza la Corte ha chiesto al governo un parere aggiornando l’udienza al 12 settembre. E il governo avrebbe espresso parere favorevole. L’istanza per ottenere un rientro terapeutico in Italia menziona un periodo di tre o quattro mesi necessari al suo completo ristabilimento. Nel caso di una concessione del permesso la Corte porrebbe delle condizioni a garanzia che, si è appreso, l’Italia è pronta ad accettare. Il caso prevede che possa esprimersi anche il premier Modi. In ogni caso la Corte Suprema ha esentato Latorre, su richiesta della difesa, dall’obbligo di firma presso il commissariato di polizia per due settimane.

Nel frattempo, in sospetta coincidenza con la richiesta italiana di rimpatrio di Latorre per motivi di salute, la stampa indiana è tornata ad accusare i nostri due marò, coinvolti nell’incidente che il 15 febbraio 2012 provocò la morte di due pescatori indiani al largo del Kerala. Latorre e Girone «presumibilmente cercarono di coprire il loro operato spingendo il capitano della petroliera “Enrica Lexie” a inviare un rapporto per le organizzazioni internazionali di sicurezza marittima in cui si sosteneva che i pescatori erano armati e che questo fu alla base della decisione di sparare», secondo quanto scrive il quotidiano indiano “Hindustan Times”. Una fonte del ministero dell’Interno indiano, che ha richiesto l’anonimato, ha riferito al giornale che «il capitano della “Enrica Lexie” generò un rapporto via e-mail in cui si sosteneva che sei dei pescatori a bordo del peschereccio “St. Antony” erano armati. Ma gli investigatori indiani – ha aggiunto ancora la fonte anonima – verificarono che tutti gli undici pescatori a bordo erano disarmati. Non c’erano armi sul peschereccio». Il giornale indica che, secondo dati a sua disposizione, la email fu mandata ad una organizzazione per la sicurezza marittima che la avrebbe poi inoltrata all’International Maritime Organisation, agenzia dell’Onu per il rafforzamento della sicurezza marittima. «Ma quando durante le sue indagini l’Agenzia nazionale per la sicurezza (Nia) indiana ha interrogato il capitano (Umberto Vitelli, ndr.) della “Enrica Lexie” – ha proseguito la fonte degli Interni – questi ha negato di essere stato testimone dell’incidente e della sparatoria, dichiarando di aver redatto la e-mail sotto la pressione dei fucilieri di Marina accusati. L’obiettivo era quello di presentare i pescatori come pirati». Fonti della polizia antiterrorismo Nia – scrive infine il quotidiano – non hanno voluto commentare queste dichiarazioni, limitandosi a rispondere che «presenteremo il rapporto con i capi di accusa al tribunale che deve processare i due militari (Massimiliano Latorre e Salvatore Girone) una volta che tutte le questioni sollevate saranno state risolte dalla Corte Suprema».

 

 

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