La “gazzarra” in aula si può fare, lo dice la Corte di Strasburgo. Boldrini prenda nota…

17 Set 2014 14:03 - di Anna Clemente

Contrordine parlamentari: le intemperanze in aula sono ammesse. Anzi, sono un diritto delle opposizioni. A stabilirlo è stata la Corte europea dei diritti dell’uomo. Con due sentenze, il tribunale di Strasburgo ha condannato l’Ungheria che aveva multato alcuni membri della minoranza per un comportamento giudicato inadeguato all’aula. Nel 2013 durante il voto di due leggi, una sul trasferimento di terre agricole e l’altra sulla regolamentazione della vendita di tabacco, i parlamentari utilizzarono cartelli, oggetti e un megafono per esprimere la loro posizione. Sui cartelli mostrati in aula si leggevano frasi come «Distribuzione delle terre invece che furto di terre», «Fidesz (partito di governo) rubi, imbrogli, menti» e «Qui opera la mafia del tabacco». Gli autori della contestazione furono multati dal presidente del Parlamento per aver gravemente disturbato i lavori dell’aula e non ebbero la possibilità di presentare ricorso contro la sanzione. Una situazione illegittima, secondo la Corte di Strasburgo, per la quale invece le opposizioni hanno tutto il diritto di esprimere le loro opinioni anche con mezzi altri rispetto ai soli interventi verbali. Via libera, dunque, in tutta Europa a cartelli di contestazione e all’uso di oggetti. E forse addio, in Italia, al richiamo-tormentone di Laura Boldrini: «Togliete quei cartelli! Intervengano i commessi!»

Poiché la Convenzione istitutiva della Corte prevede che tutti gli Stati firmatari diano esecuzione alle sentenze del Tribunale, infatti, la decisione promette di avere effetti pratici sulla vita parlamentare dei singoli Stati. E in particolare, di quelli in cui più di frequente le opposizioni scelgono forme di protesta parlamentare plateale. Fra questi vi è certamente l’Italia, in cui in aula è stato sventolato di tutto: forconi, salumi, spigole, insulti e spesso anche le mani. Questo tipo di “creatività”, però, difficilmente potrà rientrare tra le forme di dissenso ammesse dalla Corte di Strasburgo che, nel dare il via libera alle proteste non verbali, è stata anche molto chiara nel precisare che non devono disturbare eccessivamente i lavori del Parlamento né metterne in dubbio l’autorità.

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