Gli ottant’anni di Brigitte Bardot: luci e ombre di un’esistenza coraggiosa e senza rimpianti

27 Set 2014 18:45 - di Antonio Pannullo

Ti sogno sempre, come sul manifesto di “Viva Maria!”
Una mitragliata dritta alla gola e mi porti via
In faccia agli stolti, alle bandiere rosse, ai grezzi e ai moralisti
Calci in culo al disertore, il futurista beve e canta je t’aime …

Così dice la canzone che il cantautore milanese Skoll ha dedicato a Brigitte Bardot, che compie ottant’anni. È lei l’ultima dea vivente. È lei che è stata la più bella di tutte, lei che ha mutato il costume, la società, lei che ha scardinato quel che restava di un sistema di pensiero ottocentesco, ipocrita e ingessato, che ancora negli anni Cinquanta resisteva in Europa. Fu una rivoluzione, lei divenne talmente famosa che non la si chiamava più per nome e cognome, ma bastavano le sole iniziali – BB – per identificarla. Lei non ha mai cambiato nome per arrivare al successo, non si è mai sottoposta ad alcun tipo di intervento chirurgico per diventare – o restare- più bella, non ha mai fatto nulla per fermare l’ineluttabilità del tempo. A 15 anni conquistò la copertina di Elle e con essa la notorietà, che non l’avrebbe mai più abbandonata fino ai giorni nostri. A 16 si sposò con il regista e mentore Roger Vadim. Negli anni Cinquanta e Sessanta diventò un’icona sexy e, insieme con Marilyn Monroe, conquistò un posto nell’immaginario di milioni di uomini. Ebbe moltissime relazioni con uomini importanti, altre con sconosciuti: Jean-Louis Trintignant, per il quale lasciò Vadim, poi Gilbert Bécaud, Raf Vallone, Sacha Distel, poi nel 1959 conobbe e sposò Jacques Charrier, dal quale ha il suo unico figlio Nicolas, rifiutato da BB e affidato presto a una nutrice. In seguito l’attrice ne spiegherà i motivi, ma questo non ha impedito al figlio e al marito (da cui divorziò nel 1962) di querelarla per danni in occasione dell’uscita, nel 1997, del suo libro di memorie, Mi chiamano BB. Dopo una relazione con l’attore Sami Frey, si sposò con il playboy tedesco Gunther Sachs, dal quale divorziò dopo pochi anni di convivenza. Pare che il miliardario l’abbia sposata per una scommessa. Ma la persona che forse più di ogni altra ha lasciato un segno nella vita di BB è stato il cantautore e artista di origini russe Serge Gainsbourg, conosciuto ai tempi del matrimonio con Sachs. A lui Brigitte chiese una notte la più bella canzone d’amore mai scritta, e lui, la mattina dopo le fece sentire, tra una sigaretta e l’altra, Je t’aime.. moi non plus, registrata dai due la mattina stessa, canzone che però diverrà famosa solo qualche anno dopo, quando Gainsbourg, lasciato da BB, la canterà insieme alla sua nuova compagna Jane Birkin. La Bardot infatti gli aveva chiesto di non lanciarla, poiché all’epoca lei era ancora sposata con Gunther Sachs. I due però interpretarono alcune canzoni di successo, tra cui la fortunatissima Bonnie and Clyde.

Come attrice, ha al suo attivo meno di cinquanta film e come premi solo un David di Donatello nel 1961, eppure i suoi film fecero scalpore. La verità è che Hollywood non l’ha mai digerita, anzi la rifiutò per il terremoto sensuale che prometteva, ricordiamo che negli Usa la severissima Legion on Decency, organismo che dava i voti alla moralità dei film, era temutissima dalle grandi case di produzione, come l’altrettnto noto Codice Hays. Così la spontaneità di BB non ebbe cittadinanza nella bacchettona America, e l’Europa, per una volta, si dimostrò più indipendente e libera degli States. Molto rumore lo fece E Dio creò la donna, del 1956, di Roger Vadim, con Trintignant e altri. Il film, franco-italiano, non ha un grandissimo spessore, ma ebbe una risonanza enorme: lanciò sia Vadim sia Trintignant sia sopratutto lei come sex symbol internazionale. E anche lo sconosciuto villaggio di pescatori dove era stato girato acquistò una certa notorietà: era Saint-Tropez, dove in seguito la diva si costruirà il suo buen retiro, la villa Madrague, che fu per anni il richiamo di tutto il jet set europeo e non solo. Per i problemi cui accennavamo prima con gli americano, la Bardot lavorò quasi sempre con i registi francesi: oltre a Vadim, con Louis Malle, René Clair, Jean-Luc Godard, Marc Allégret e altri, tra cui ovviamente anche un paio di americani. Però il suo film migliore lo girò con un altro grande francese, e come lei, “maledetto” politicamente: Calude Autant-Lara, La ragazza del peccato, del 1958, tratto da un romanzo di Georges Simenon. La Bardot, in rapida ascesa, lavorò con un altro mostro sacro del cinema francese, Jean Gabin, che era ormai al tramonto. È un bel noir, considerato il capolavoro del futuro europarlamentare del Front National. Nel 1973, a neanche quarant’anni e nel pieno della sua maturità sia artistica sia feminile, BB lasciò definitivamente il cinema, preferendo occuparsi d’altro, in particolare della sua battaglia in favore degli animali. Ma non è per questo che l’intellighentzia della sinistra ha gettato su di lei un anatema terribile, invocandone anche una specie di damnatio memoriae, naturalmente vanificato dai fatti. L’ostilità del pensiero dominante politicamente corretto contro la Bardot è dovuta al fatto che lei, da donna sempre libera, già negli anni Sessanta si dichiarò di destra, sostenendo e votando De Gaulle e poi, in seguito, facendo la dichiarazione di voto per il Front National di Le Pen. Nel 1992, poi, si sposò per l’aultima volta, e sposò proprio un attivista del partito di Jean-Marie Le Pen, Bernard d’Ormale. A far venire la bava alla bocca alle anime belle della gauche, poi, hanno contribuito le sue frequenti dichiarazioni contro l’usanza musulmana relativa al sacrificio dei montoni, che le hanno fruttato alcune condanne e multe per decine di migliaia di euro. Ma lei è sempre andata avanti: proprio nei giorni scorsi ha dichiarato ai microfoni di Radio Europe 1 che «farebbe la pelle» ai jihadisti europei che, dopo essere partiti per la “guerra santa” in Siria e Iraq, rientrano nel loro Paese. «L’assassinio di Hervé Gourdel è una vergogna assoluta. Non si potrebbe fare la stessa cosa ai piccoli idioti che partono laggiù per raggiungere le truppe e poi – ha aggiunto la Bardot – tornano in Francia? Li prenderei, gli farei la pelle uno per uno e li invierei ai tipi laggiù per mostrare loro che ogni volta che uccideranno un francese, noi uccideremo un jihadista». Quando arriveranno i guai, BB saprà certamente farvi fronte.

Il fatto è che quando comparve come una bomba, nel 1950, il mondo non era è preparato: BB portò all’attenzione della società gli adolescenti, sino a quel momento nascosti e ignorati. L’eurzione della Bardot cambiò tutto questo e si videro donne adulte vestire come “jeune filles”. Nacquero riviste per adolescenti e una liena di moda, al posto delle solite gonne blue navy che indossavano tutte prima di sposarsi. Lanciò anche un tipo di maglietta scollata che ancora oggi si chiama alla Bardot. Ed è da notare che Nabokov avrebbe scritto la sua Lolita cinque anni dopo… Quando poi BB divenne una donna fatto, il pianeta divenne letteralmente pazzo: non c’erano né Monroe né Rita Hayworth né Ava Gardner che tennero: c’era solo lei. Il suo ballo selvaggio e sensuale in E Dio creò la donna segnò per sempre la storia del cinema, fu una rivoluzione. La danza scandalizzò l’America, il New York Times scrisse: «Immorale dalla testa ai piedi», ed era proprio così. In diverse città statunitensi, Cleveland, Philadelphia, Memphis, furono arrestati i direttori dei cinema che proponevano E Dio creò la donna. Simone de Beauvoir invece, più lungimirante dei censori borghesi, la definì “la locomotiva della storia delle donne”. Insomma, come Lo Straniero di Camus, BB viveva il mondo attraverso i sensi, e la cosa più straordinaria era vedere come lei, proveniente da una famiglia più che borghese, si liberasse brutalmente di ogni tipo di convenzione. Ma sempre senza mai manipolare o ingannare nessuno. «Il suo senso di libertà – ancora la Beauvoir – è esistenziale»: ignorava se non disprezzava trucco, gioielli e tacchi alti, non faceva concessioni all’idolatria. Pericolosissima. Tanto che non fu mai una buona moglie e una buona madre: ha infranto centinaia di cuori, non era tagliata per la convenzione, e di questo ha sofferto moltissimo, ha tentato il suicidio diverse volte, la prima a 26 anni, ma non c’è mai riuscita, come la sua sfortunata collega Marilyn. Questa sua interpretazione – irresponsabile? – della libertà assoluta affascinò ovviamente i grandi intellettuali dell’epoca: due anni dopo il suo ritiro dalle scene Françoise Sagan ha scritto un libro su di lei, precedendo tutti gli altri che vennero dopo. Ma a lei, e anche in questo è molto francese, non le importava nulla di tutto quello che dicevano sul suo conto. È evidente che ciò è molto più destabilizzante di un qualsiasi manifesto intellettuale e politico. Nel 1970, poi, lo scultore Alain Gourdon si ispirò a lei per la realizzazione del busto di Marianne, il simbolo nazionale francese.

Ma oggi, a ottant’anni, ha la sua rivincita contro chi nei decenni scorsi puntò il dito contro di lei: tuta la Francia la celebra con mostre, libri, interviste. «Il regalo più bello che potrei ricevere? – ha detto – Che il governo approvi una legge contro la macellazione rituale. E che il cavallo sia considerato un animale da compagnia…». Oggi rimpiange solo, professionalmente, di non aver mai lavorato con Bergman o Fellini, ma è sempre agli animali che va la sua attenzione maggiore, più che al cinema. «Spero che questo compleanno non serva a inutili festeggiamenti ma a far conoscere le mie battaglie», ha ancora detto in questi giorni. Ma, come dice ancora Skoll,

Danza ancora con me perché 
Questa notte scura non sembra finire
Questa notte buia non vorrà morire
Ma se resti con me…, Bardot…

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