Boris Johnson avverte Cameron: «Torno in Parlamento, i tory hanno bisogno di me»

13 Set 2014 13:23 - di Redazione

Si è detto «elettrizzato» Boris Johnson dopo che è stato scelto dal suo partito conservatore come candidato per il seggio da deputato di Uxbridge e South Ruislip nell’ovest di Londra. Il sindaco della capitale conta così di tornare in Parlamento nel 2015 e da lì, come molti osservatori ritengono, lanciare la sua sfida alla leadership del partito ora nelle mani del premier David Cameron che sta incontrando però difficoltà su più fronti. Lui naturalmente nega questa intenzione, affermando anzi di voler essere di aiuto ai tory e a Cameron nel difficile confronto elettorale del 2015. A chi gli chiede come riuscirà a fare il deputato e a concludere il mandato come primo cittadino nel 2016 lui risponde: «È stato fatto in precedenza e non c’è ragione perché non sia fatto di nuovo». Il sindaco aveva occupato un posto alla Camera dei Comuni fino al 2008 per poi diventare primo cittadino. Il suo ritorno segna quindi l’inizio della corsa alla leadership conservatrice. Scalata che è già iniziata dal punto di vista verbale. Johnson non perde occasione per far sentire la sua opinione, ben vista nella destra conservatrice ma non amata a Downing Street, parlando di grandi questioni nazionali e internazionali dalla sua rubrica sul Daily Telegraph. L’ultima proposta, che ha rischiato di far infuriare Cameron, è quella di introdurre una sorta di presunzione di colpevolezza per chi viaggia verso Siria e Iraq senza comunicarlo alle autorità. Il sindaco vorrebbe che queste persone venissero subito dichiarate come sospetti terroristi. Ma Boris non è rimasto in silenzio nemmeno sull’annosa questione dei rapporti con l’Europa, un vero e proprio punto debole per Cameron. Intanto tra i deputati conservatori si preparebbe una fronda interna: alcuni di loro, secondo la stampa parlamentare britannica, sarebbero pronti a lanciare un ultimatum a Cameron, minacciando il passaggio all’Ukip di Nigel Farage nel caso in cui il governo non adotti una linea più dura nei confronti dell’Europa. In particolare, chiedono che il primo ministro, in vista del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue da tenersi nel 2017, prometta di schierarsi per il “no” nel caso in cui falliscano i negoziati per il rimpatrio di poteri da Bruxelles.

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