Primi arresti in Veneto per legami con il terrorismo islamico. Zaia: nelle moschee prediche in italiano
A quanto pare, le previsioni dei più “pessimisti” si stanno avvernando: tra le migliaia di migranti che giungono nel nostro Paese dalla Libia “liberata”, arrivano anche jihadisti. Cinque persone residenti in Veneto risultano indagate nell’ambito di un’inchiesta per terrorismo aperta dalla Procura distrettuale di Venezia e condotta dai Ros. Si tratterebbe – scrive il Corriere del Veneto – di elementi sospettati di essere vicini alle organizzazioni che si battono per la Jihad islamica. L’ipotesi investigativa è che almeno alcuni di questi cinque abbiano svolto attività di reclutamento di persone – immigrati, ma non solo – interessate a raggiungere la Siria o l’Iraq, per prendere parte alla “guerra santa” condotta dalle formazioni estremiste. Dopo l’allerta terrorismo lanciata nei giorni scorsi dal ministero dell’Interno, si era intensificata in Veneto – ma anche in Lombardia – l’attività di intelligence sui centri islamici e sui soggetti considerati pericolosamente vicini al fondamentalismo. L’ennesimo allarme era stato lanciato proprio poche ore prima dal governatore della regione: «C’è una gestione ipocrita dell’immigrazione per la quale scatta il basta al “buonismo” ma pure a profughi e moschee». Così Luca Zaia aveva detto in un’intervista. Sul fronte terrorismo Zaia rileva che in Veneto «abbiamo 600mila immigrati su 5 milioni di abitanti. Ed è inevitabile che nei grandi numeri possano esserci delle mele marce. Sono figli di profughi, ma il cordone ombelicale si è mantenuto. In quelle famiglie, poche famiglie, non si sono voluti integrare e non hanno accettato l’Occidente». Per Zaia la preoccupazione è alta perché se i cattolici fanno riferimento ad un’unica guida, il Papa, «gli islamici hanno gli imam che predicano il Corano secondo una visione personale». Per questo, secondo Zaia «bisogna pretendere i sermoni in italiano. Il problema – per il governatore – non è la religione ma l’estremismo. Serve un controllo trasversale delle forze dell’ordine, delle frontiere e all’interno dei centri islamici. Politicamente l’Europa ha fallito – conclude Zaia -. E ricordo che siamo nel semestre di presidenza italiano. Credo di non aver mai assistito a un semestre di presidenza più sfigato di questo». Il governatore leghista ribadisce: «Le prediche in italiano non sono la soluzione, ma aiutano, oltre ad essere un atto di rispetto nei confronti di chi non parla arabo. Non tutti, ma tanti si rifiutano di farle; e chi lo fa, ritengo che abbia qualcosa da nascondere». Anche Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario di Forza Italia alla Camera dei deputati, è preoccupata: «Come diciamo da tempo e come conferma anche il Corriere, le nostre città, in particolare quelle del Nord sono luoghi di reclutamento di giovani (anche italiani convertiti all’Islam) destinati a combattere in Siria o in Iraq e pronti a immolarsi per la Jihad. Lo rivelano i rapporti della nostra intelligence che lanciano l’allarme infiltrazioni per la concreta possibilità che tra i migranti, i quali stanno sbarcando a frotte in Italia, siano presenti potenziali terroristi islamici». «Di fronte a questo pericolo non possiamo girare la testa dall’altra parte o nasconderci dietro un buonismo di comodo che rimanda a politiche per l’integrazione spesso inattuate o comunque inefficaci perché basate su presupposti ideologici. Credo che a questo punto – spiega – occorra rivedere tutta la nostra politica sull’accoglienza, introdurre controlli severi, soprattutto mettere al centro la sicurezza». Conclude la Gelmini: «Servono politiche nazionali serie e strategie di intelligence, servono più forze dell’ordine (invece il governo taglia loro le risorse), servono anche i militari (purtroppo a Milano, dove erano presenti, il Sindaco Pisapia non li ha più voluti). Cresce il bisogno di sicurezza: non più solo la sicurezza tradizionale, ma una sicurezza nuova, più ad ampio raggio, che garantisca contro il rischio terrorismo e che tuteli i nostri comuni dal pericolo di diventare terra di conquista dei fanatici dell’Islam». Toni meno decisi ma altrettanto preoccupati da parte dell’Udc Antonio De Poli, secondo cui «l’allarme lanciato dal rapporto dei Servizi segreti non va sottovalutato ma allo stesso tempo diciamo no alla facile demagogia. Al governo chiediamo di agire affinché l’accoglienza dei migranti, già difficile da gestire nelle sue proporzioni, avvenga nella massima sicurezza per i cittadini italiani». Un altro deputato della Lega Nord, Gianluca PIni, tiene a sottolineare che «non è una questione religiosa, ma culturale; la scelta è tra l’occidente che usa le regole democratiche e l’Islam che usa terroristi e sgozzatori. A più di 24 ore dalle rivelazioni del Corriere della Sera, nessuno ha smentito che il territorio ravennate sia coinvolto nel reclutamento di fanatici islamici a sostegno dell’Isis e di altri pazzi furiosi che mirano a cancellare le democrazie occidentali. Questo pericolo si estende a tutti i centri di culto che si trovano sul territorio romagnolo».