Nel Pil anche i proventi della mafia: così a ottobre Renzi dirà che l’Italia sta finalmente crescendo
Pare che il business della droga valga 25 miliardi di euro, soldi che girano tra le mani degli italiani che si “fanno” o che spacciano, non proprio di quelli perbene che la mattina vanno a lavorare. Ma tutto fa brodo quando c’è la crisi. Ecco perché, in un clima di ritrovato ottimismo del governo, dal prossimo mese nel calcolo del Prodotto interno lordo saranno inseriti anche i proventi dei traffici malavitosi, grazie ai quali il dato sul Pil finalmente migliorerà, alla faccia di tutti gli indicatori veri posizionati alla voce “recessione”. Sulla base dei nuovi criteri chiesti dall’Italia e approvati dalla Ue, infatti, anche l’economia illegale e il “nero” dovranno contribuire a determinare la misura della ricchezza nazionale e a fornirci indicazioni sulla crescita del Paese. Nel “paniere”, dunque, entreranno i proventi stimati sulle attività di camorra e mafia, i proventi del traffico di droga, prostituzione, perfino le corse clandestine e il racket ai commercianti, per non parlare della corruzione ai danni della pubblica amministrazione. Soldi che serviranno, udite udite, a ridurre il deficit per rientrare nei parametri europei.
Una follia? Non per l’attuale ministro dell’Economia, Padoan, e tantomeno per il suo predecessore, Enrico Giovannini, che oggi sui giornali difende quella che fu una sua brillante iniziativa sotto il governo Letta. «Con la revisione dei criteri Istat per il calcolo del Pil non si fa altro che rendere il prodotto interno lordo un indicatore più aderente al circuito dell’economia», spiega l’ex ministro. «Avere una stima aiuta solo a capire se l’economia illegale cresce o si riduce», aggiunge Giovannini. Che però glissa sui benefici al portafoglio degli italiani, in termini di “ricchezza”malavitosa stimata e trasferita, si presume, su qualche banca svizzera.
La reazione, indignata, è bipartisan. Se da destra Maurizio Gasparri parla di “scelta ignobile e vergognosa” e propone, provocatoriamente, Matteo Messina Denaro al posto di Padoan, anche dal Pd si levano voci di protesta. «È una scelta quella adoperare il Pil così addizionato di droga, contrabbando, corruzione e prostituzione per ridurre il rapporto con il deficit pubblico, ottenendone benefici sul piano della spesa pubblica», spiega Davide Mattiello, Pd componente della Commissione Antimafia. «Ammettere il “fatturato criminale” non soltanto nella foto di famiglia dell’economia italiana, ma tra le leve che favoriscono la tenuta dei conti pubblici, sarebbe l’ennesimo schiaffo tirato in faccia alle vittime delle mafie». A proposito, ma Saviano che ne pensa?