In Emilia Romagna esplode lo psicodramma delle primarie: vince chi è “‘più renziano”
Strette di mano e sorrisi di facciata sotto i riflettori. Ma appena i flash si spengono volano subito le pugnalate. La corsa per le primarie che il 28 settembre designeranno il candidato del centrosinistra alla Regione Emilia Romagna si preannuncia sin dalle prime battute dura: è il primo derby tra due big renziani. Ci sono due nomi di spicco ed entrambi cercano di guadagnarsi il diritto a correre per essere il successore di Vasco Errani, che si è dimesso a luglio dopo quindici anni di governo. Da un lato c’è il parlamentare rottamatore Matteo Richetti, dall’altro il segretario regionale del Pd Stefano Bonaccini, braccio destro del premier negli ultimi mesi, ma ex bersaniano. Lo stallo degli ultimi giorni ha subito una svolta decisiva domenica mattina, quando Richetti, dopo settimane di silenzio e trattative sotto traccia, ha ufficializzato la sua disponibilità, facendo definitivamente saltare l’ipotesi di un nome “forte” condiviso. «Cambiare è un imperativo, dobbiamo cambiare per continuare ad essere grandi», ha spiegato l’ex presidente dell’assemblea legislativa che proprio sui sette anni passati in Regione, dal 2005 al 2012, ha costruito la propria carriera politica. Quarant’anni compiuti a inizio agosto, Richetti in Regione ha puntato sul contenimento dei costi della politica, ma è incappato lui stesso in alcune polemiche per l’utilizzo delle auto blu. Con Bonaccini sarà un derby anche tutto modenese. Il segretario regionale ha sciolto la riserve alla Festa Nazionale dell’Unità: erano le 17.57 di domenica, tre minuti prima dell’inaugurazione ufficiale, che nei giorni scorsi veniva indicata, nei corridoi di partito, come ultima scadenza per definire il quadro delle candidature.
«Con Richetti non sarà una guerra: entrambi abbiamo le qualità per fare una discussione e non una battaglia», ha assicurato Bonaccini, spiegando di aver accettato «visto che non si è riusciti a comporre un quadro il più unitario possibile». Proprio Bonaccini, nei giorni scorsi, aveva spinto in questa direzione, puntando sul nome del sindaco di Imola Daniele Manca, ma la missione non è andata a buon fine e domenica pomeriggio Manca, nonostante l’appoggio silenzioso di Vasco Errani, ha gettato la spugna. Nessuno sgarbo a Matteo Renzi, hanno assicurato entrambi gli sfidanti: «L’ho tenuto informato ogni giorno», ha spiegato Richetti; «Gliel’ho comunicato subito, lui ha altri pensieri», le parole a ruota di Bonaccini. In realtà al di là dei sorrisi e delle belle parole di facciata entrambi si giocano la carta del “io sono il più bravo”. Richetti in un’intervista a Repubblica ha affermato che «qui non c’è un Pd balcanizzato. Le primarie non sono mai un dramma. Io credo serva una nuova fase e perciò una nuova guida. La società emiliano-romagnola si aspetta che, così come si sta facendo nel Paese, si cambi il paradigma con cui si affrontano i problemi, si contrastino burocrazie, rendite di posizione. I motivi che hanno portato Renzi a diventare segretario e poi premier devono trovare una declinazione su scala regionale». Dal canto suo Bonaccini sempre su Repubblica ha replicato: «Guai a chi si fa più renziano. Non mi sento meno rendiamo di Richetti, né di chiunque altro. Ma credo anche che non dovremmo dividerci sul cognome di un altro. Io semplicemente unisco più di lui». Salgono, dunque, a cinque i candidati di area democratica. Oltre ai due big, ci sono anche l’ultima presidente del Consiglio regionale Palma Costi, l’assessore alla scuola Patrizio Bianchi e l’ex sindaco di Forlì Roberto Balzani.