Con il trio Monti-Letta-Renzi la “bomba fiscale” ha messo a terra l’Italia. E le cifre lo provano

19 Ago 2014 12:31 - di Antonella Ambrosioni

La ripresa è lontana, non c’è solo l’Istat a certificare il ritorno dell’Italia in recessione tecnica perché le tasse continuano ad aumentare nel nostro Paese. Solo chi non vuol vedere non si rende conto della certificazione di fatto di un fallimento che parte dal governo Monti e arriva a al premier Renzi passando per Enrico Letta, tutti e tre pronti a rispondere alla crisi solo con un innalzamento delle tasse che ci ha condotto dritti dritti nella palude della deflazione. I fatti parlano chiaro. Dal 1980 ad oggi la pressione fiscale in Italia è aumentata di 12,6 punti percentuali, portando le sole imprese a pagare all’erario 110,4 miliardi di euro l’anno, rileva la Cgia di Mestre, segnalando che nell’Ue solo le imprese tedesche, in termini assoluti, pagano più tasse di quelle italiane, ovvero 121 miliardi di euro, non dimenticando che la Germania però ha 20 milioni di abitanti in più. La Cgia ci avverte  che nel 2014, come previsto nel Documeto di Economia e Finanza  approvato la primavera scorsa, la pressione fiscale raggiungerà il 44%, pari al record già toccato nel 2012, come ricordiamo l’annus horribilis del governo tecnico, che vide – a fronte di un inasprimento fiscale- retrocedere su tutti gli indicatori fondamentali dell’economia. Sempre peggio. La pressione fiscale di quest’anno, infatti, è destinata a salire di 0,2 punti percentuali rispetto al livello raggiunto l’anno scorso. Insomma tre governi non sono stati in grado di azzeccarne una che è una. Al punto che, come ammesso in un’intervista, il ministro dell’Economia Padoan ha dovuto ammettere che l’ottimismo del premier è stata un po’ troppo frettolosa. «Con un carico fiscale di questa portata – sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – è difficile fare impresa e soprattutto creare le condizioni per far ripartire l’economia». Secondo Bortolussi, le cause di questo nuovo record fiscale sono da ricercare in questi fattori: «Gli effetti legati alla rivalutazione delle rendite finanziarie, l’aumento dell’Iva, che nel 2014 si distribuisce su tutto l’arco dell’anno, l’introduzione della Tasi e, soprattutto, l’inasprimento fiscale che graverà sulle banche». Tutti elementi, secondo la Cgia, «che compensano abbondantemente il taglio dell’Irap e gli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi». Tornando al carico fiscale che grava sulle imprese italiane, calcolando la percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale a guidare la classifica europea è il Lussemburgo, con il 17%, seconda è l’Italia, con il 16%, terza l’Irlanda, con il 12,3%. Tra i principali competitor dell’Italia, la Germania fa segnare l’11,6%, il Regno Unito l’11,2%, la Francia il 10,3%, mentre la media dell’Ue dei 15 è pari all’11,3%.

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