«Vallanzasca ancora affetto da personalità narcisistica». Ecco perché gli è stata revocata la semilibertà
Renato Vallanzasca, il protagonista della mala milanese degli anni ’70 e ’80 condannato a 4 ergastoli e 296 anni di carcere, ha una “personalità” che ancora non si è “del tutto affrancata da tratti narcisistici nella percezione del sé” e il suo arresto di alcune settimane fa con l’accusa di aver rubato due paia di mutande è un ”grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento”. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano nel loro provvedimento con cui ieri hanno revocato la semilibertà a “René”. Il beneficio gli era stato concesso nell’ottobre del 2013. Secondo i giudici (presidente del collegio Guido Brambilla), Vallanzasca dopo ”un lunghissimo percorso trattamentale caratterizzato nella sua parte finale dalla fruizione di permessi premio e dall’ammissione al lavoro all’esterno” ha manifestato, però, alcune ”involuzioni trasgressive imputabili anche alla personalità del detenuto non del tutto affrancata da tratti narcisistici nella percezione del sé”.
Nella loro ordinanza i giudici chiariscono che ”i fatti” relativi all’arresto per una rapina impropria in un supermercato a Milano, lo scorso 13 giugno, per come al momento sono ”rappresentati” costituiscono ”un grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento”, ferma restando ”ogni diversa valutazione del giudice di merito (il processo per direttissima riprenderà dopo l’estate, ndr)”. Vallanzasca, come si legge nell’ordinanza, sta scontando dal 20 marzo del 1981 la condanna a ”fine pena mai” per ”associazione per delinquere, sequestro di persona a scopo di estorsione, omicidi, violazione legge armi, furti, rapina, oltraggio a pubblico ufficiale” e altri reati. Risponde ora anche di rapina impropria per aver rubato cose di poco valore perché “una volta giunto alle casse – come si legge nell’ordinanza – Vallanzasca usava minacce nei confronti del sorvegliante, proferendo al suo riguardo l’espressione «se fai succedere casini, poi ti faccio vedere cosa succede!”».