Unioni civili, Oliari (gay di centrodestra): «Vi spiego perché il modello tedesco è un buon compromesso»

29 Lug 2014 14:55 - di Antonella Ambrosioni

C’è discussione sulle unioni civili e gli schieramenti si confrontano e si scontrano. Il dl Cirinnà in commissione Giustizia non piace a tutte le anime del Pd, tantomento al centrodestra, ed è di fatto reso superato dallo stesso premier Renzi, che ha promesso per l’autunno un testo ad hoc, nuovo di zecca, sulle unioni civili preparato dal governo. In attesa che il premier cali le carte presumibilmente a settembre e riprenda in quella occasione un delicato dibattito, soprattutto nella parte dell’articolato che riguarderà le unioni gay, è utile sentire il parere di Enrico Oliari, presidente di Gaylib, l’associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra, militante e già consigliere comunale a Trento, che da anni si occupa della questione.

Oliari, anzitutto una domanda: perché il testo base in commissione Giustizia della parlamentare Pd Cirinnà è irricevibile?

Perché è molto radicale e renderebbe il modello delle unioni civili sovrapponibile al modello del matrimonio tradizionale.

Il centrodestra non è disponibile a forme di “matrimonio-fotocopia”, ma anche l’ipotesi del cosiddetto “modello tedesco”, di cui si discute, non piace: da Gasparri di Forza Italia al ministro Lupi del Ncd è unanime il dissenso. Cosa prevede questo modello?

Guardi, il modello tedesco, adottato tra l’altro anche in un Paese cattolico come noi quale è l’Austria, sarebbe un’ottima soluzione perché non intacca il concetto classico di matrimonio uomo-donna. È un modello aperto “solo” alle coppie dello stesso sesso e non concede la possibilità di adozioni. Questo ha una grande rilevanza secondo me.

Il modello tedesco è, quindi, un negozio giuridico diverso dal matrimonio, a cui non potrebbero accedere le coppie eterosessuali?

Certo. La separazione con il modello di matrimonio tradizionale uomo-donna è fondamentale, se si pensa a cosa è accaduto in Francia all’indomani dell’introduzione dei Pacs, quando il numero dei matrimoni è crollato poiché tutte le coppie gay ed etero indistintamente corsero a stipulare unioni civili, perché meno “impegnative” rispetto al matrimonio, meno caricate di responsabilità, più facili da sciogliere all’occorrenza. Proprio per questo, quando in Italia si pensò di copiare i francesi, noi ci opponemmo, spiegando quali potessero essere le ricadute sull’istituto matrimoniale tradizionale.

L’idea espressa da molti settori del centrodestra contrari al modello tedesco è quella di individuare nel codice civile le carenze in materia di tutela di alcuni diritti individuali e di regolamentarli con maggiori tutele: può andare?

Secondo me presenta dei rischi, perché è un’ipotesi che presuppone uno “scambio di diritti”, passando da ciò che è regolamentato nel diritto pubblico al diritto privato tra le persone che vogliono unirsi e che regolamentano alla presenza di un civilista o di un notaio ciò che a livello pubblico non c’è. E questo non può funzionare per due motivi seri. Il primo: con la libera circolazione dei cittadini negli Stati in ambito Ue, una coppia dello stesso sesso sposata in Francia incorre nel paradosso di non essere sposata in un altro Paese dove vige una normativa diversa in base a questo gap pubblico-privato. Secondo aspetto: il diritto privato in un eventuale contenzioso cede sempre rispetto al diritto pubblico, non assicurando quelle garanzie di cui sopra.

Con quali conseguenze?

Faccio un esempio pratico molto frequente che si ripropone quando muore uno dei due partner e si apre il testamento. Di fronte a un accordo privato prevale il diritto pubblico: se io ho vissuto tutta la vita con il mio compagno, quest’ultimo non erediterebbe il mio patrimonio come previsto in privato, perché esiste la “legittima” e magari mio fratello con cui non parlo da una vita avrebbe la sua bella parte di eredità…

Dunque il modello tedesco potrebbe essere un buon compromesso?

Sì, perché rispettoso del nostro tessuto culturale e cattolico e tutelerebbe la coppia senza ricadute sui minori o sui soggetti deboli.

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